Prende a pugni il bullo, condannato a risarcirlo, Cassazione annulla tutto: “Lecita reazione”
Dopo essere stato perseguitato a lungo dai bulli, aveva deciso infine di reagire scagliandosi contro uno di loro a freddo, sferrandogli un violento pugno che gli aveva anche spaccato un dente. Per questo un adolescente calabrese era finito a processo ed era stato condannato dalla Corte di Appello di Catanzaro a compensare il suo persecutore con ben 14mila euro di risarcimento a carico dei genitori. Rivalutando il caso , però, la Corte di Cassazione ora ha annullato la sentenza sostenendo che la reazione del ragazzo è stata lecita anche se a freddo perché la vittima dei bulli è stata lasciata sola da scuola e istituzioni. I giudici calabresi avevano condannato il ragazzo sostenendo che non vi era legittima difesa in quanto l'aggressione è avvenuta successivamente agli atti di bullismo ma secondo l'Alta corte è "doveroso che l'ordinamento si dimostri sensibile" verso gli adolescenti vittime di bullismo che hanno reazioni aggressive dopo essere state lasciate sole, "dalla scuola e dalle istituzioni", "nell'affrontare il conflitto" e che non hanno avuto il "sostegno" della condanna "pubblica e sociale" dei "bulli".
"Nell'attesa che si diffondano forme di giustizia riparativa specificamente calibrate sul fenomeno del bullismo, ferma la necessaria condanna tanto dei comportamenti prevaricatori e vessatori quanto di quelli reattivi, la risposta giuridica, nel caso affrontato, non avrebbe dovuto ignorare le condizioni di umiliazione a cui l'adolescente in questione è stato ripetutamente sottoposto" spiega la Cassazione nel verdetto. In pratica, secondo la Cassazione, non si può decontestualizzare il pugno da tutta la situazione che il minore stava vivendo e non andavano ignorate "le condizioni di umiliazione" subite dal ragazzino.
"Quando l'autore della reazione è un adolescente, vittima di comportamenti prevaricatori, reiterati nel tempo, occorre tener conto che la sua personalità non si è ancora formata in modo saldo e positivo rispetto alla sequela vittimizzante cui è stato sottoposto" scrivono i giudici, aggiungendo: "Ed è prevedibile che la vittima possa reagire con comportamenti aggressivi internalizzati che possono trasformarsi, con costi particolarmente elevati in termini emotivi, in forme di resilienza passiva e autoconservativa, evolversi in forme di autodistruzione oppure tradursi, come in questo caso, in comportamenti esternalizzati aggressivi". Il processo quindi ora tornerà in Appello e stavolta i giudici dovranno attenersi a questi principi sanciti dalla Cassazione.