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Pordenone, parla l’avvocata che non vuole difendere il femminicida: “Contro i miei ideali”

L’Avvocata Rosanna Rovere era stata scelta da Giuseppe Forniciti come legale difensore nel processo che lo vede accusato di aver ucciso la propria compagna a Roveredo in Piano, in provincia di Pordenone. L’Avvocata, però, ha deciso di rinunciare al ruolo. A Fanpage.it spiega che questa è stata una decisione sofferta: “il mio impegno per i diritti delle donne non mi avrebbe permesso di essere serena. I cittadini hanno diritto ad essere difesi da un legale che creda alla causa. Non sono io quell’avvocato”
A cura di Gabriella Mazzeo
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l'Avvocatessa Rovere
l'Avvocatessa Rovere

Giuseppe Forniciti è accusato di aver ucciso la compagna Aurelia Laurenti con la quale conviveva dal 2013 a Roveredo in Piano, in provincia di Pordenone. Per difendersi in tribunale, l'uomo aveva scelto l'avvocata Rosanna Rovere, già presidentessa dell'Ordine degli Avvocati di Pordenone. Lei, da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle donne, ha ricevuto la richiesta proprio ieri 25 novembre 2020, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A Fanpage.it racconta che proprio mercoledì aveva ottenuto una vittoria storica in Cassazione per il riconoscimento della responsabilità dello Stato italiano nei confronti di vittime di violenza. Sull'onda del risultato e del suo impegno sul campo, l'avvocatessa ha deciso di rinunciare all'incarico, suscitando quello che definisce un "insolito clamore" a livello nazionale.

Qual è il perché di questa scelta?

Si tratta di una decisione comunque sofferta, perché da avvocato il diritto alla difesa è sacro ed è garantito dalla Costituzione. Questo è un diritto che però va esercitato nel migliore dei modi e il professionista deve avere a cuore anche l'interesse del cliente. Ci ho pensato molto, prima di proferire il mio no, ma è un rifiuto che è anche nell'interesse dell'assistito che ha bisogno di qualcuno che sia libero da preconcetti. Il mio impegno per la difesa delle donne non mi avrebbe reso serena in questo percorso e alla fine ho capito che non potevo essere io l'avvocato per questo caso. Per la mia storia e per il mio impegno personale, non potevo garantirgli quello che qualunque cittadino merita: un legale capace di agire senza retropensieri.

Perché definisce l'interesse che si è creato attorno al suo rifiuto come "insolito"?

Perché da libero professionista posso ovviamente scegliere i clienti, come qualunque mio collega. Ho esercitato un mio diritto nell'interesse dei diritti dell'assistito e dell'imparzialità della legge. Non pensavo che una decisione del genere potesse suscitare questo clamore. Forse è stata anche la coincidenza con il 25 novembre a rendere il mio "no" una notizia.

Cosa temeva?

Temevo di affrontare un caso importante senza la serenità per farlo. Ho affrontato tanti casi difficili nella mia vita, sicuramente affrontare qualcosa che potrebbe essere completamente opposto alle battaglie che ho portato avanti per tutta la vita non sarebbe stato al pari di una sfida, sarebbe stato un tormento, per me e per chi assistevo.

Le sono arrivati messaggi di donne in difficoltà dopo questa sua decisione?

Non solo, ho ricevuto anche tante telefonate da colleghi o da perfetti sconosciuti intenzionati a dimostrarmi il loro appoggio. Il mio lavoro ovviamente mi tiene costantemente incollata a e-mail, Whatsapp e telefono, ma la quantità di messaggi che ho ricevuto dopo che il mio no è diventato una notizia è stata assurda, quasi commovente. Resto un po' spiazzata perché non credevo sarebbe successo tutto questo, ma credo fortemente che la giustizia debba essere mossa da ideali e da persone. Non è una decisione nel mio interesse come potrebbe sembrare, è una tutela soprattutto per l'assistito che ha diritto di giocarsi in pieno i suoi diritti in tribunale. A volte bisogna ammettere di non essere "la persona giusta al momento giusto", no? Ecco, io non potevo essere quell'avvocato.

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