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Pfizer a Catania, in 130 a rischio licenziamento. I lavoratori: “Ci sono famiglie nate qui dentro”

Pfizer ha annunciato 130 esuberi nel sito di Catania e ha offerto a 50 lavoratori la possibilità di trasferirsi nello stabilimento di Ascoli Piceno, dove si farà il confezionamento della pillola anti-Covid. “Guadagna miliardi e licenzia nella zona più depressa d’Italia”, denunciano i dipendenti.
A cura di Luisa Santangelo
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Agata porta Eleonora a scuola come quasi ogni mattina. Zainetto rosa e tuta, Eleonora supera il cancello, Agata la saluta e poi si rimette in macchina per andare a lavoro. Agata fa quello che fanno, tutti i giorni, tanti genitori. Soltanto che dall'inizio di febbraio lo fa con un peso sul cuore: lei è una dipendente dello stabilimento Pfizer di Catania, così come suo marito. Si sono conosciuti in azienda. Adesso i ruoli di entrambi sono in una lista di 130 esuberi inviati dall'azienda al personale. In altri termini: entrambi rischiano di essere licenziati dalla multinazionale del farmaco più famosa del mondo, resa ricchissima dalla produzione del vaccino contro la malattia da Covid-19.

Licenziamenti Pfizer a Catania

"Pfizer ha ceduto alla Cina la produzione del Tazocin, l'antibiotico penicillinico che si produceva a Catania e che era proprio destinato al mercato cinese", spiega Agata Angelica. "Subito abbiamo capito che sarebbe stato devastante per lo stabilimento, abbiamo chiesto più volte all'azienda che cosa sarebbe accaduto, ma loro ci hanno sempre rassicurati". Fino al 7 febbraio, quando tutti i lavoratori hanno ricevuto un elenco di 130 posizioni organizzative considerate in esubero. Cioè 130 persone, addette a varie mansioni, per le quali Pfizer aveva intenzione di avviare il licenziamento.

"Oltre ai 130 indeterminati, ci sono quelli che saranno semplicemente spenti – racconta Marco Puliafito, lavoratore anche lui e rappresentante sindacale per la Uiltec – Loro sono probabilmente i colleghi che hanno meno voce e meno tutele. Perché saranno staccati e basta". Sono parte dei 110 lavoratori "somministrati", cioè dipendenti a tempi indeterminato di agenzie interinali dislocati in Pfizer. "L'azienda sta già chiudendo e ha in programma fino ad agosto di chiudere 80 contratti – interviene Angelo Mirabella, responsabile sindacale dell'Ugl – È un numero enorme: sono persone che hanno lavorato in azienda, anche se in staff leasing, cinque, sei, sette anni. Hanno fatto un mutuo, si sono fatti una famiglia, hanno avuto dei figli. Dall'oggi al domani, contratto chiuso e sei a casa. È stato terrificante vedere persone tornate da poco dalla maternità essere fuori in un attimo".

Per lavoratori e lavoratrici è una mazzata. Molti sono giovani. Alcuni, come Ornella Greco, rsu Uiltec, hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato dopo 13 anni di contratti a termine. "Magari si è arrivati a 35, 36, 37 anni… Prima non avevi alcuna stabilità, poi quando ce l'hai fai programmi, investi nelle cose che avevi sempre rimandato". Un mutuo, una casa, un progetto per il futuro. "Siamo nel panico", prosegue Greco. Lei di anni ne ha 37. C'è chi ne ha molti di più e alla paura del licenziamento somma quella di non riuscire a trovare un altro posto di lavoro. "Magari siamo meno appetibili sul mercato", racconta Graziella Faranna, rsu Filctem Cgil, da 36 anni impiegata nello stabilimento della zona industriale di Catania. La sua posizione non è un esubero, al momento: "Ma poco importa: la preoccupazione è grande anche perché non vediamo una luce in fondo al tunnel, sappiamo che senza investimenti non ci sono prospettive", conclude Faranna.

Gli investimenti sul sito di Catania

Tra Confindustria, prefettura e tavoli regionali vanno avanti le trattative tra Pfizer, le istituzioni locali e le sigle sindacali. Per il momento senza esito. "Noi vogliamo un piano industriale per questo stabilimento", attacca Jerry Magno, segretario provinciale della Filctem Cgil. "Abbiamo visto gli investimenti crollare – continua – Prima c'erano 60 milioni di euro di investimenti qui a Catania, adesso sono scesi a 27 milioni nei prossimi tre anni che, purtroppo, bastano soltanto per fare le manutenzioni straordinarie, visto che questo è uno stabilimento piuttosto datato". Per Magno e per Cisl, Uil e Ugl, la sensazione è che l'azienda voglia lasciare morire lentamente l'impianto.

"Ho cominciato qui che avevo 24 anni, nel 1985. Adesso ho 37 anni di servizio", ricorda Mimmo D'Antone, operatore della sala di controllo, turnista per tutto l'anno. È il più anziano tra i lavoratori a rischio licenziamento. "Io mi dovrei salvare – commenta D'Antone – perché sono il più vecchio. Ma per me è inaccettabile pensare che io, con 41 anni di contributi, debba restare a lavorare e vedere andare a casa colleghi più giovani, che hanno una vita davanti e famiglie appena costruite". Lui si dice disposto al prepensionamento, a patto che Pfizer rinunci ai licenziamenti della "meglio gioventù".

Il trasferimento ad Ascoli

Pochi giorni fa, durante un incontro in Confindustria a Catania, la multinazionale ha proposto una soluzione per 50 dei 130 esuberi: il trasferimento, con un bonus una tantum, ad Ascoli Piceno. Il sito marchigiano è stato individuato come quello in cui sarà confezionata la pillola anti Covid-19 e lì sono state annunciate 400 assunzioni. "Mentre l'azienda guadagna miliardi su miliardi per i vaccini, giustamente perché salva vite, licenzia nella zona più depressa del Paese – riflette D'Antone – È una questione di responsabilità sociale, le istituzioni non dovrebbero accettare un comportamento simile".

La proposta del trasferimento è stata rifiutata dalle sigle sindacali, ma i lavoratori hanno comunque tempo fino al 28 febbraio per manifestare eventuale interesse ad andare nelle Marche per non rischiare di perdere l'impiego a Catania. Pfizer, intanto, ha dichiarato che sta valutando l'ipotesi di sospendere temporaneamente "i termini della procedura di riduzione del personale – si legge in una lettera inviata all'assessorato regionale al Lavoro – in quanto è nostra volontà dialogare costruttivamente e responsabilmente con gli attori in causa". "Non ci sarà alcun congelamento della trattativa", denunciano Cgil, Cisl, Uil e Ugl in una nota congiunta. E confermano un grande sciopero per il prossimo 4 marzo. La vertenza sarà ancora lunga.

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