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Perché Beniamino Zuncheddu è stato assolto dopo 33 anni in carcere: “Ragionevole dubbio su colpevolezza”

Le motivazioni della sentenza del processo di revisione per Beniamino Zuncheddu, tornato libero dopo più di 30 anni di carcere. Il processo non ha condotto alla dimostrazione della certa estraneità dell’ex pastore ma ha fatto emergere un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza.
A cura di Susanna Picone
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Beniamino Zuncheddu
Beniamino Zuncheddu

Beniamino Zuncheddu, ex pastore di Burcei, lo scorso gennaio è stato assolto dopo 33 anni in carcere dopo il processo di revisione che ha cancellato la sua condanna all'ergastolo per triplice omicidio. Il processo di revisione "non ha condotto alla dimostrazione della certa ed indiscutibile estraneità di Beniamino Zuncheddu" alla strage di Sinnai dell'8 gennaio del 1991 "ma ha semplicemente fatto emergere un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza", è questo quanto scrivono i giudici della quarta sezione della Corte di Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza.

Zuncheddu, dunque, che ha sempre respinto ogni accusa, è tornato in libertà dopo 33 anni di carcere perché, appunto, c’è un "ragionevole dubbio" sul fatto che potesse essere responsabile dei delitti.

Le motivazioni della sentenza del processo di revisione

L’ex pastore "fu condannato perché il teste oculare dichiarò di averlo riconosciuto come l'aggressore, nonché per aver fornito un alibi falso – si legge – tuttavia oggi va mandato assolto dai delitti a lui ascritti ai sensi del comma 2 dell'articolo 530 c.p.p. (insufficienza di prove, ndr.) e quindi non con assoluzione piena, perché all'esito dell'istruttoria residuano delle perplessità sulla sua effettiva estraneità all'eccidio, commesso verosimilmente da più di un soggetto, uno dei quali, diversamente da quanto opinato nell'istanza di revisione, non era un cecchino provetto, non riuscendo nell'intento omicidiario nemmeno dopo aver sparato due colpi a distanza ravvicinata in un luogo talmente stretto che ‘non occorreva prendere la mira’".

Secondo i giudici è chiaro che nel momento in cui viene meno la prova-cardine di un teste oculare che, sopravvissuto al massacro, asserisce di avere riconosciuto almeno uno degli aggressori, "la residua scorta indiziaria non può ritenersi sufficiente per pervenire alla conferma della condanna di Zuncheddu, oltre ogni ragionevole dubbio". Anche se non vi è prova della sua piena innocenza.

Il superstite che accusò Zuncheddu

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Intanto, è notizia di oggi che l’unico sopravvissuto della strage di Sinnai del 1991, Luigi Pinna, risulterebbe indagato dalla Procura di Cagliari per calunnia nei confronti di Beniamino Zuncheddu. Ne dà notizia il quotidiano L'Unione Sarda. Notizia però ad oggi smentita dall'avvocato dell'uomo, secondo cui Pinna non sarebbe stato raggiunto da alcun avviso di garanzia nell'ambito dell'indagine della Procura di Cagliari per le accuse nei confronti di Zuncheddu.

Era stato Pinna a riconoscere in Zuncheddu, allora un giovane di 26 anni, l’assassino di Gesuino Fadda, il figlio Giuseppe e Ignazio Pusceddu, spianando la strada alla condanna poi annullata. Il super testimone nei mesi scorsi aveva poi ritrattato, sostenendo che la foto di Zuncheddu gli era stata mostrata da un poliziotto e che dunque sarebbe stato indotto ad accusarlo.

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