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Pensionato morto a Manduria, le chat della baby gang: “Come lo avete combinato, il pazzo?”

Continuano le indagini sulla morte del pensionato 66enne di Manduria, in provincia di Taranto, Antonio Stano, deceduto dopo essere rimasto segregato in casa per paura dei bulli. Mentre 14 giovani sono stati identificati, tra i quali 12 minorenni, emergono alcuni dettagli sulle chat e i video che condividevano tra di loro e che mostravano le percosse e le sevizie a cui sottoponevano la loro vittima.
A cura di Ida Artiaco
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Hanno seviziato e picchiato un pensionato di 66 anni con problemi psichici che è infine morto dopo essere rimasto segregato in casa per paura di incontrarli. Per questo 14 ragazzi giovanissimi, tra cui ben 12 minorenni, risultano indagati dalle forze dell'ordine. È successo a Manduria, in provincia di Taranto, e quello che gli inquirenti hanno scoperto è una storia di bullismo, vessazioni e soprusi, che si è conclusa con il decesso della vittima, Antonio Stano, confermata da ciò che le indagini hanno portato a galla, tra cui soprattutto chat e video. "Come l'avete combinato il pazzo?", commenta uno dei ragazzini della baby gang sotto a un video che mostra gli abusi sull'anziano, conosciuto in tutto il paese proprio con questo appellativo, "il pazzo". Nelle immagini in questione si vede, come riporta Il Corriere della Sera, un gruppo di giovani che entra in casa dell'uomo. Qualcuno stringe fra le mani un tubo flessibile come quelli delle docce, tutti urlano,qualcuno batte una frusta per terra. Poi si avvicinano ad Antonio, gli mettono un maglione in testa e lo deridono.

In un'altra conversazione parlano di alcuni soldi sottratti alla vittima. Qualcuno informa di aver preso 300 euro, ma un altro lo corregge dicendo che sono solo 30. Altri filmati mostrano la baby gang aggredirlo con mazze di scopa. Per questo Antonio da tempo viveva segregato nella sua abitazione, per paura di incontrare quei giovani che spesso bussavano alla sua porta, si divertivano a urlargli contro brutte parole, a dare calci e pugni all'impazzata, a coprirgli la testa o a dargli scappellotti, immortalando il tutto con i loro smartphone mentre lui tentava invano di difendersi. È questo il motivo per il quale quando lo scorso 6 aprile le forze dell'ordine, su segnalazione dei vicini, si sono recate a casa sua non voleva aprirgli, convinto che fosse l'ennesima trovata dei suoi aggressori per bullizzarlo.

Alcuni dicono che fosse in cura al Centro di igiene mentale ma in realtà pare non fosse neppure seguito dai servizi sociali. La sua unica fonte di reddito era la pensione che si era guadagnato lavorando all'arsenale di Taranto come operaio. In realtà, era un uomo solo e un facile bersaglio per quei giovani che l'hanno puntato. I vicini si erano accorti che qualcosa non andava, che la banda si presentava a casa sua e lo aggrediva. Il 6 aprile l'ultimo episodio, dopodiché Antonio si è chiuso dentro il suo appartamento e non è mai uscito. Da qui la segnalazione alle forze dell'ordine, che lo hanno convinto ad aprire quella porta. Da allora in poi è stato in ospedale fino al giorno della morte, avvenuta 4 giorni fa, con gravi problemi fisici. Intanto proseguono le indagini sul suo decesso e ogni informazione aggiuntiva sarà utile alla procura tarantina di Carlo Maria Capristo, che segue le imputazioni per i maggiorenni, e a quella di Pina Montanaro, a capo della procura dei minori. Il pm tarantino promette:  "La mano sarà pesante. I fatti sono gravissimi, non trascureremo niente e non lasceremo spazio al buonismo. Quell’uomo aveva bisogno soltanto di un po’ di umanità".

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