Omicidio Piersanti Mattarella, c’è la svolta. Arrestato ex prefetto Piritore: “Fece sparire guanto dei killer”

A quarantacinque anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, all'epoca presidente della Regione Sicilia e fratello dell’attuale Capo dello Stato Sergio Mattarella, la Procura di Palermo ha impresso una svolta a uno dei casi più oscuri della storia italiana. I magistrati, coordinati dal procuratore antimafia Maurizio de Lucia e dai sostituti Antonio Charchietti e Francesca Dessì, hanno infatti disposto gli arresti domiciliari per Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo e poi prefetto, oggi indagato per depistaggio nell’inchiesta sul delitto del 6 gennaio 1980.
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini, Piritore avrebbe mentito ai magistrati e falsificato passaggi decisivi riguardanti un reperto chiave: il guanto di pelle ritrovato nella Fiat 127 utilizzata dai killer di Mattarella, poi misteriosamente scomparso. Un oggetto definito all’epoca "unico e potenzialmente decisivo" dal ministro dell’Interno Virginio Rognoni, che due giorni dopo l’assassinio lo indicò in Parlamento come "l’unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali".
Quel guanto, abbandonato sul sedile anteriore dell’auto rubata e ritrovata un’ora dopo l’attentato, avrebbe potuto condurre agli autori materiali del delitto. Invece, secondo i pm, venne fatto sparire in modo deliberato, "per impedire l’identificazione dei responsabili". E a farlo sparire, sempre secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe stato proprio Filippo Piritore, un uomo delle istituzioni.
La versione dell'ex prefetto Piritore
Secondo la versione fornita da Piritore, egli stesso lo avrebbe consegnato all’agente della Scientifica Giuseppe Di Natale perché lo portasse al pubblico ministero di turno, Pietro Grasso. Il magistrato, sempre secondo il racconto dell’ex funzionario, ne avrebbe poi disposto la restituzione al Gabinetto di polizia scientifica per le analisi.
Una catena di passaggi che la Procura definisce "inverosimile e illogica". Grasso e Di Natale hanno infatti smentito categoricamente di aver mai visto o ricevuto il reperto. Né risultano documenti ufficiali che attestino la consegna o il sequestro del guanto, mentre la figura di un certo "Lauricella", che Piritore indica come tecnico incaricato delle analisi, non compare in alcun registro dell’epoca.
Di Natale ha escluso di avere mai ricevuto il reperto da recapitare a Grasso. "Ritengo anomala la consegna diretta a uno di noi – ha detto ai pm – Del resto, la mia funzione era quella di dattiloscopista, facevo i confronti e non uscivo mai dal laboratorio".
Per gli inquirenti, Piritore "pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia", sottraendo il guanto al regolare repertamento "al fine di sviare le indagini funzionali all’individuazione dei responsabili dell’omicidio". Un'accusa pesante, una condotta che, scrivono i pm, si inserisce in un "depistaggio istituzionale" volto a impedire che si risalisse ai mandanti e agli esecutori del delitto.
"Rompere i co**** dopo quarantacinque anni…"
A consolidare i sospetti, sono arrivate anche le intercettazioni ambientali che hanno registrato le conversazioni tra Piritore e la moglie nei giorni successivi al suo interrogatorio, avvenuto nel settembre 2024. "Qualche cosa fanno", diceva l’ex prefetto, senza sapere di essere ascoltato, paventando l’arrivo di provvedimenti giudiziari a suo carico. "Rompere i coglioni dopo quarantacinque anni…", aggiungeva, lamentandosi delle indagini riaperte.
"Ma che fanno…! Non fanno un cazzo… dopo quarant'anni che cazzo devono fare… sei tu che sei tipo uccello del malaugurio", rispondeva la moglie. Secondo i pm le frasi captate sarebbero "incompatibili con la posizione di un funzionario che ha compiuto il proprio dovere". "Figura di merda, non ricordavo un cazzo… io poi gliel'ho detto… ‘guardi secondo me… dico saranno sparite negli anni '90 perché dico prima nell"80 servivano da solo… non potevano servire solo per le impronte digitali… e dopo è venuto il Dna… quindi sono sparite da… se sono state occultate negli anni '90… quando si è scoperto il Dna", aveva detto Piritore alla moglie il 17 settembre dopo essere stato sentito, riferendole il contenuto dell'interrogatorio. "Il tenore delle conversazioni intercettate rivelava innanzitutto un profondo sconvolgimento di Piritore sia prima che dopo le sue dichiarazioni, tanto che lo stesso cercava di sfuggire alle domande della moglie durante il tragitto per e da Palermo per sottoporsi all'atto istruttorio", commentano i magistrati.
Un’inchiesta depistata da dentro
Gli inquirenti sostengono che le indagini sull'omicidio Mattarella furono "gravemente inquinate e compromesse dall’opera di appartenenti alle istituzioni", determinati a occultare prove per proteggere i veri responsabili. Il guanto scomparso diventa così il simbolo di un depistaggio lungo 45 anni, orchestrato per generare "una stasi investigativa" che permise di seppellire la verità.