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Omicidio Matilda, 11 anni senza un colpevole. Assolto lʼex compagno della mamma

Assolto per non aver commesso il fatto Antonio Cangialosi dall’accusa di omicidio preterintenzionale della piccola Matilda Borin, uccisa nel luglio 2005 a Roasio a due anni da un calcio sferrato da nessuno.
A cura di Biagio Chiariello
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Antonio Cangialosi, l'ex compagno di Elena Romani a processo per la morte della figlia della donna, è stato assolto per non avere commesso il fatto. Resta dunque senza un colpevole l'omicidio della piccola Matilda Borin, morta a 23 mesi nel luglio 2005 a Roasio, nel vercellese. L’uomo, appena uscito dal tribunale di Vercelli, non ha rilasciato dichiarazioni. Il pm Paolo Tamponi  aveva chiesto 8 anni di reclusione per Antonio Cangialosi. La richiesta era stata formulata in seguito alla decisione dello scorso anno di riaprire il caso da parte della Cassazione, che accogliendo il ricorso del legale della madre della vittima, già assolta in tre gradi di giudizio, aveva annullato la precedente decisione del gip di Vercelli di non doversi procedere nei confronti dell'uomo. "Una assoluzione che fa male – commentano i legali della donna – ma il processo non finisce qui. Faremo appello"."In quella villetta, a Roasio, erano presenti due persone. Matilda non può essersi inferta da sola le ferite mortali". Lo ha detto l'avvocato Roberto Scheda, difensore di Elena.

Omicidio Matilda, la ricostruzione

Antonio Cangialosi, bodyguard, era l’unico in casa con la mamma e la bambina nella villetta di Roasio quando Matilda ricevette il colpo che ne provocò la morte.  La bimba –che Elena Romani aveva avuto con l’ex compagno, un uomo di Busto Arsizio – si trovava nel letto matrimoniale, la coppia in soggiorno. Matilda piange. Elena si sveglia e accorre. Si accorge che ha vomitato, sporcando il cuscino e il coprimaterasso. Ma a questo punto che cosa succede? Per la giustizia non è state la madre a colpire la bambina. Poco dopo l’uomo chiama l’ambulanza, nel frattempo la donna è andata a stendere i panni: ma per Matilda non c’è già più niente da fare. È stata uccisa da un violentissimo calcio alla schiena che le ha schiacciato fegato e rene. E’ stato il compagno della madre ad uccidere la piccolina?  Anche in questo caso la giustizia dice che non è così. “Fin da subito Cangialosi si è dato da fare per far intervenire per tempo il 118 – dice il pubblico ministero Antonella Barbera – quando lui e la Romani si erano accorti che la piccola giaceva inanimata e i soccorsi non arrivavano. Al punto da rivolgersi a un suo amico maresciallo dei carabinieri perché facesse pressioni sul 118. Ed è ancora lui a denunciare il ritardo nei soccorsi. Senza la sua attività probabilmente non sarebbe venuta a galla tutta la tragedia. Mentre la mamma è apparsa decisamente restia a sollevare quel polverone”.

Secondo la procura le fratture alle costole di Matilda riscontrate dall’autopsia le avrebbero provocato dolori e pianti. Cangialosi però non ne avrebbe mai parlato: l'accusa quindi escludeva che il colpo mortale fosse stato inferto prima che l’uomo e la giovanissima vittima rimanessero soli nella villetta. Accuse che l’avvocato Andrea Delmastro, che insieme al padre Sandro rappresenta Cangialosi, ha rigettato sin da subito: "Siamo convinti che non ci sia un quadro indiziario a carico del cliente". E il giudice gli ha dato ragione. I legali della madre di Matilda però non ci stanno: "Per Matilda quello di oggi non è ancora il giorno della giustizia", ha aggiunto il legale.

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