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Omicidio di Fermo

Omicidio di Fermo, la relazione della scientifica contro la legittima difesa di Mancini

Secondo la difesa, l’omicida avrebbe agito per legittima difesa, ma Emmanuel non ha mai toccato il paletto inddicato come arma impropria nelle mani del nigeriano.
A cura di Redazione
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Emmanuel e Chimiary
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Omicidio di Fermo

Emmanuel Chidi Nnamdi non ha mai toccato il paletto che, secondo la difesa, avrebbe invece usato per aggredire Amedeo Mancini. Questo l'esito della perizia del Reparto investigazioni scientifiche dei Carabinieri e trasmessa alla Procura di Fermo. Lo stesso paletto, invece, mostrerebbe chiaramente tracce di Dna dello stesso Mancini. Il risultato della perizia rappresenta un elemento utile all'accusa, poiché fa cadere la tesi secondo cui Amedeo Mancini avrebbe agito per legittima difesa.

Il 5 luglio 2016 Emmanuel, immigrato nigeriano accolto nel centro di Fermo, muore a seguito di un pugno sferrato da Amedeo Mancini, un 38enne fermano che, secondo descrizione data dal fratello, "tira le noccioline, quando vede un negro, ma lo fa per scherzare perché è un allegrone, ha avuto una vita difficile e a 39 anni non può neppure andare allo stadio: è diffidato". Secondo la ricostruzione Emmanuel e la moglie Chimiary stavano camminando per strada quando, incrociando Mancini, la donna riceve un insulto ("scimmia"). Su quello che accade dopo si confrontano le tesi dei legali: secondo la difesa Emmanuel avrebbe preso il paletto per aggredire Mancini; secondo l'accusa il fermano ha aggredito l'uomo nigeriano fino ad ucciderlo.

La relazione del Ris diventa dunque un argomento a favore dell'accusa, ma – precisa al Corriere della sera l’avvocato Letizia Astorri, legale della vedova di Emmanuel – sul segnale stradale sono chiarissime e anche consistenti le tracce di Mancini mentre non sono presenti quelle di Emmanuel". Francesco de Minicis, il legale che con Savino Piattoni difende il fermano, ha invece osservato che "sul paletto non sono assenti solo le tracce del nigeriano, ma anche quelle del vigile urbano che l’ha impugnato". La difesa mette in discussione anche il rilievo delle prove, poiché: "il segnale stradale è stato posto sotto sequestro alle 19, ovvero tre ore e mezzo dopo i fatti, e in quel lasso di tempo possono averlo toccato tante persone, dunque va considerato questo oltre alla circostanza che alcune tracce del Dna potrebbero non essersi impresse". Il legale di però avverte: "Non c’è soltanto il palo, restano da vagliare i risultati degli esami sugli indumenti di entrambi".

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