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Nel carcere di Bari condizioni disumane: “Centro clinico con 24 posti letto e 11mila visite mediche”

Secondo Annamaria Tosto, procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari, nel carcere della città pugliese vi sono condizioni che si avvicinano pericolosamente a quelle considerate ‘trattamento disumano’ dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. L’istituto ospita attualmente 460 detenuti su una capienza massima di 299 presenze.
A cura di Davide Falcioni
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Come se non bastasse la privazione della libertà i detenuti del carcere di Bari sono costretti a vivere in condizioni disumane. A dirlo non è un'associazione impegnata nella difesa dei diritti dei carcerati bensì Annamaria Tosto, procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari, che al termine di una visita nella Casa Circondariale non ha esitato a definire quelle all'interno – testualmente – "condizioni che si avvicinano pericolosamente a quelle considerate ‘trattamento disumano' dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo". In particolare la pg si è concentrata sul sovraffollamento della struttura e sulla gestione del centro clinico penitenziario. L’istituto barese ospita attualmente 460 detenuti su una capienza massima di 299 presenze e, a fronte di un centro clinico che conta 24 posti letto, le visite specialistiche sono state, solo nel 2018, 11 mila all’interno dell’Istituto, cui devono aggiungersi le 1.250 effettuate all’esterno. "Il sovraffollamento desta grande preoccupazione, – ha detto Annamaria Tosto – si tratta di condizioni incompatibili con la finalità rieducativa della pena. Il sovraffollamento dell’Istituto, a vocazione sanitaria e, per questo, destinato ad ospitare anche detenuti provenienti da altre carceri bisognosi di cure specialistiche, mette, inevitabilmente, a rischio la salute del detenuto, la cui tutela, come la finalità rieducativa, è sancita dalla Costituzione".

Secondo la magistrata "risulta non più differibile che sia dato corso, da parte della Asl, alla delibera con la quale, già dal luglio scorso, la Giunta regionale della Puglia, ha previsto la creazione di un reparto di medicina protetta presso l'ospedale San Paolo di Bari". Per il procuratore generale "questa soluzione consentirebbe una razionalizzazione del servizio e minori costi di gestione perché si garantirebbe l'avvio di un sistema unico di prenotazione e il ridimensionamento se non l’azzeramento degli spostamenti dei detenuti".

Sindacato: "Nel carcere di Bari conseguenze anche per la salute dei dipendenti"

Al grido di allarme di Annamaria Tosto si aggiunge quello dell'Usspi, Unione Sindacati Professionisti Pubblico Impiego, secondo cui nel penitenziario barese sussistono  "condizioni igienico-sanitarie da brivido" che causano "gravi ripercussioni sulla salute dei dipendenti; carenza di farmaci il cui rifornimento viene effettuato solo due volte a settimana con grave nocumento ai pazienti detenuti; assenza di barelle e sedie a rotelle; carenza di personale con rischio di errore nella somministrazione delle terapie".

Antigone: "Le carceri italiane sono le peggiori d'Europa"

Nel suo ultimo rapporto Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, ha spiegato che, al 30 giugno 2019, nelle 190 carceri italiane erano presenti 60.522 detenuti. Se dovesse continuare così, in quattro anni l’Italia si ritroverà nella situazione che produsse la condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel 2013. Il tasso di sovraffollamento è del 119,8%, il più alto nell’area dell’Ue, seguito da quello in Ungheria e Francia. Nei penitenziari di Como, Brescia, Larino e Taranto il tasso di affollamento è del 200%, ossia vivono due detenuti dove c’è posto per uno solo. Contestualmente peggiorano anche le condizioni di vita negli istituti di pena: nel 30% delle carceri visitate non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i propri figli. Solo nell’1,8% delle carceri vi sono lavorazioni alle dipendenze di soggetti privati. Nel 65,6% delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via Skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3% delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet.

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