Nei mercati cinesi non è cambiato nulla dopo il Covid: macellano al momento anche cani e gatti

Giulia Innocenzi racconta per Fanpage.it quello che ha visto nei mercati umidi cinesi per realizzare il servizio di Report: “Agli occhi di noi occidentali l’aspetto più sconvolgente è che alla stregua di capre e polli ci siano anche cani e gatti, chiusi in gabbie che non permettono loro neanche di stare sulle proprie zampe, che aspettano il loro turno per essere macellati.”
A cura di Giulia Innocenzi
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Nonostante le pressioni internazionali e il pericolo per la salute pubblica, nei mercati umidi cinesi, principali indiziati per il salto di specie che avrebbe fatto partire il Covid, molto poco è cambiato. Tante specie diverse di animali, dai serpenti alle tartarughe, dai polli alle anatre, fino ai cani e gatti, vengono venduti vivi e macellati sul posto.

A distanza di cinque anni sono tornata nello stesso mercato umido di Nanning, nel sud della Cina, per verificare con le telecamere di Report, che mostrerà le immagini questa sera su Rai3, se in seguito alla pandemia fossero state implementate restrizioni a quello che Claudio Bandi, professore di microbiologia dell’università degli studi di Milano, definisce "un crogiolo dal punto di vista evoluzionistico" per i virus.

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Tuttavia, il governo si è limitato a vietare la commercializzazione delle specie selvatiche, ma nulla ha fatto sulle condizioni igieniche precarie di questi mercati che vengono chiamati "umidi" proprio per il sangue sul pavimento degli animali appena macellati.

"I mercati umidi andrebbero chiusi, a causa dei rischi che comportano per la salute pubblica", ci spiega Peter Li, professore di affari cinesi e politiche legate agli animali della Houston university. "Dobbiamo tenere in considerazione, però, – aggiunge – che gli anziani in Cina ritengono che la carne da animali appena macellati sia più sicura. Il governo cinese deve rivolgersi a questa fetta di popolazione, direi intorno al 10 percento, ed educarli al fatto che è più sicura la carne da luoghi sterilizzati come i macelli".

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Agli occhi di noi occidentali l'aspetto più sconvolgente di questi mercati è che alla stregua di capre e polli ci siano anche cani e gatti, chiusi in gabbie che non permettono loro neanche di stare sulle proprie zampe, che aspettano il loro turno per essere macellati.

Al mercato ho trovato una signora che vendeva due cuccioli chiusi in una cesta di vimini a 150 yuan l’uno, 20 euro, che sosteneva che, nonostante fossero piccoli, la carne era molto buona. E un cane e due gatti venduti da un bambino, che sostituiva i genitori che stavano riposando. Mi ha spiegato che avrei potuto comprare il gatto vivo e macellarlo a qualche banco più in là, sul posto.

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Davide Acito, fondatore di Action Project Animal, fa avanti e indietro con la Cina dal 2016. La sua missione è quella di salvare i cani dalla macellazione e portarli in Europa, dove una famiglia si prenderà cura di loro. Il Covid ha bloccato i suoi viaggi, ma non appena la Cina ha riaperto i confini, a marzo 2023, si è fiondato a salvare nuovi cani.

"La situazione è cambiata rispetto al primo anno che sono venuto qui, – ci spiega – ma non perché il governo abbia messo restrizioni particolari a seguito del Covid. C’è un cambiamento nelle nuove generazioni, che non consumano carne di cane. Il numero dei macelli di cani è crollato vertiginosamente".

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Ma le modalità con cui vengono macellati i cani purtroppo sono rimaste le stesse. Acito ha salvato circa mille cani dai macelli cinesi. Li preleva dai mercati o dai macelli, li porta nel suo rifugio, e li spedisce su un aereo, dopo che sono stati curati e hanno fatto le vaccinazioni necessarie.

"L’ultimo cane – racconta Acito – a cui mi sono particolarmente affezionato è Life. Lo abbiamo chiamato così perché lo abbiamo preso pochi istanti prima che il macellaio lo sgozzasse. Era lì, che aspettava il suo turno, con rassegnazione, gli occhi privi di speranza. È stato adottato dalla mia vicina di casa, così posso andarlo a trovare tutti i giorni".

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Storie singole di speranza, davanti a un fenomeno che, seppure in diminuzione, non accenna a fermarsi. "Salvare una vita soltanto potrebbe sembrare una goccia in un oceano, invece per me vuol dire cambiamento. Mi oppongo a questa barbarie, e salvando anche solo una vita do senso a tutto il mio impegno", conclude Acito.

Anche la pressione internazionale, attraverso l'attenzione mediatica e interventi diplomatici, come quello dell'Ambasciata italiana a Pechino, una delle prime a condannare la macellazione di quelli che per noi sono animali da compagnia, aiuta. "Il 70 per cento dei cinesi non ha neanche mai provato la carne di cane, mia mamma non me l’ha mai preparata", ci tiene a sottolineare il professor Li.

"Oggi è in corso una guerra civile in Cina a causa del commercio della carne di cane, la maggioranza è contraria. Sono quelli che fanno profitto dalla macellazione che creano la domanda per la carne di cane. E la maggioranza di quella carne viene da cani rubati dalle famiglie che li accudivano. È un commercio che rovina la reputazione della Cina e andrebbe vietato immediatamente", conclude Peter Li.

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