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Milano, Marzia e i suoi 4 figli, due disabili: “Dal Comune una casa di 56 mq, è invivibile”

Paziente oncologica e con quattro minori a carico, di cui due con disabilità. Nonostante questo, Marzia continua a chiedere dignità per i propri figli. Insieme al compagno Giuseppe vivono tutti e sei in un alloggio di emergenza, assegnato loro provvisoriamente dal Comune di Milano, di 56 metri quadri e sito al quarto piano di una palazzina in via Ciriè. Ma l’appartamento si è rivelato una prigione: “Viviamo con finestre chiuse e tapparelle abbassate, estate e inverno, per evitare che Gabriele che ha 5 anni ed è autistico si butti giù dalla finestra perché non percepisce il senso del pericolo. Abbiamo bisogno di una soluzione abitativa adeguata alla sua condizione. Chiediamo che qualcuno si prenda a cuore la nostra situazione”.
A cura di Valeria Deste
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Quella di Marzia, residente a Milano, è una storia segnata da una costante lotta. Paziente oncologica, mamma di quattro minori: la più grande con una invalidità certificata e causata da una sordità congenita, Gabriele di 5 anni affetto dal disturbo dello spettro autistico. A questo si aggiunge una situazione economica difficile. Mamma Marzia però, nonostante la vita sia stata con lei tutt'altro che generosa, non ha perso il sorriso e la grinta: nessuna disperazione, nessuna rassegnazione. Anzi, la sua battaglia per proteggere la dignità e i diritti dei propri figli non è mai cessata, nemmeno durante la malattia che un anno fa l’ha costretta a un intervento di mastectomia, a sei mesi di chemioterapia e, in seguito, a sottoporsi a radioterapia. La sua è una storia di coraggio e di lotta condotta in nome dell’amore incondizionato.

Tra disabilità e alloggi d’emergenza

"Sono mamma di 4 figli – racconta Marzia a Fanpage.it -: Francesca, 17 anni, è portatrice di handicap; Elia ha 15 anni; Gabriele di 5 anni e affetto da autismo di terzo livello e Rachele di 3 anni". Lei e il suo compagno Giuseppe si prendono costantemente cura di loro. "Non abbiamo mai navigato nell’oro, ma da quattro anni ci ritroviamo in una situazione di indigenza economica. Tre anni fa il comune di Milano ci ha assegnato un alloggio di emergenza in via Ciriè, gestito dalla Fondazione San Carlo – continua Marzia –: 56 metri quadri di abitazione nella quale viviamo in sei. Doveva essere una soluzione provvisoria in attesa dell’assegnazione di una casa popolare". Il contratto stipulato nel giugno del 2017, infatti, aveva una durata di 18 mesi. "Dopo tre anni siamo ancora qui, oltretutto con un contratto scaduto ormai da tempo".

L’ossessione di Gabriele

Al di là dell’inadeguatezza degli spazi per un nucleo famigliare composto da sei persone, il problema reale nasce dal fatto che l’intera famiglia deve vivere costantemente con finestre e tapparelle abbassate, ma anche le maniglie sono bandite. "Questo perché Gabriele è ossessionato da finestre e tapparelle e, non percependo il pericolo, c’è il rischio che finisca in tragedia". L’appartamento, infatti, si trova al quarto piano: "Viviamo perennemente al buio. Per evitare che si lanci di sotto teniamo le finestre sigillate e abbiamo eliminato anche le maniglie". Giuseppe, da un po' di tempo a questa parte, si fa ospitare per la notte da amici: "L’appartamento è minuscolo, una persona in meno in casa permette alle altre di vivere in modo più accettabile gli spazi – spiega Giuseppe – Quando penso che devo rinunciare a stare a casa con la mia famiglia provo dolore e rabbia, ma non ci sono alternative. Se in questa casa fa caldo ora che siamo a maggio, immaginate la temperatura interna che si raggiunge qui dentro, con finestre e tapparelle sigillate, a luglio e ad agosto. È invivibile".

Le spese per bollette e terapie per il figlio

La coppia paga 200 euro di affitto al mese alla Fondazione circa 130 euro di luce. “Non abbiamo il gas, in casa è tutto elettrico. Pago sempre i miei debiti – prosegue Marzia -, piuttosto non mangio. Questo mese avevo 563 euro da pagare relativamente a due bollette e non ero in grado di farlo. Ci ha pensato la provvidenza: il nostro parroco ci ha aiutati”. Giuseppe aveva trovato lavoro nel mese di febbraio all’interno di un hotel della zona. Poco dopo è sopraggiunto il lockdown e oggi si trova nuovamente disoccupato. Gabriele percepisce una pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento: "Con quei soldi paghiamo le terapie e le sedute di Gabri. Da tre anni è in lista per accedere alle terapie all’interno del circuito del sistema sanitario nazionale, ma ancora nessuno ci ha chiamati – prosegue Giuseppe -. Così ci siamo attivati e abbiamo impostato una serie di terapie a pagamento: ogni mese spendiamo tra i 1200 e i 1400 euro di sedute. Tutti i soldi della sua pensione e il suo assegno di accompagnamento vanno a finire lì. Le istituzioni ci hanno abbandonati".

Una falsa speranza dal Comune di Milano

Lo scorso ottobre, a seguito dell’ingresso in graduatoria da parte della famiglia per l’assegnazione di una casa popolare, una mail dell’assessorato alle Politiche Sociali del comune di Milano li informa che l’attesa è quasi terminata: Marzia ha davanti a se solo 3 famiglie. "Da allora non siamo ancora riusciti a ottenere una casa. La scorsa estate ci è stato proposto dal comune di spostarci in un altro alloggio d’emergenza della stessa dimensione di questo, ma sito al piano terra. Se avessi accettato però sarei retrocessa in graduatoria. Inoltre, qualsiasi tipo di cambiamento destabilizza Gabriele che qui frequenta una scuola, è inserito in un gruppo classe e viene seguito da un neuropsichiatra. Ha quindi bisogno di continuità e punti di riferimento. Siamo disposti a destabilizzarlo, ma in virtù di una soluzione definitiva che possa anche permetterci di investire in eventuali inferiate alle finestre così da permettere ai miei figli di non vivere più come vampiri".

Così, da qualche settimana, i volontari di ProTetto Onlus si sono interessati al caso di Marzia. "Abbiamo conosciuto recentemente Marzia e ci siamo appassionati alla sua storia – racconta Marco, vicepresidente di ProTetto – Ci stiamo facendo portavoci del suo caso tra i contatti istituzionali che abbiamo nella città di Milano. Purtroppo la burocrazia italiana, spesso, fa passare sotto traccia situazioni familiari che necessiterebbero di attenzione immediata".

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