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Marco Ravaglia sopravvissuto a Igor il russo nel 2017: “Mi finsi morto, ora non perdono ma non lo odio”

L’agente della polizia provinciale di Ferrara, Marco Ravaglia, ha raccontato la sua vita dopo l’aggressione del killer Igor il russo l’8 aprile del 2017. Quel giorno l’uomo uccise Valerio Verri, di pattuglia insieme a Ravaglia. L’agente sopravvissuto, invece, si finse morto per sfuggire al killer.
A cura di Gabriella Mazzeo
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È sopravvissuto a Igor il russo per miracolo l'8 aprile del 2017. Marco Ravaglia, agente della Polizia provinciale di Ferrara, ha raccontato in un'intervista al Corriere della Sera il suo incontro con Norber Feher, il killer noto in tutta Italia come Igor il russo. Feher, in realtà, è nato nel nord della Serbia ed era arrivato in Italia nel 2005 con alle spalle l'accusa di rapina con stupro. Ancora ricercato in patria, ha raccontato di essere un ex militare dell'Armata Rossa. Dopo un anno di lavoro come operaio, è tornato a compiere furti: dormiva in un casolare abbandonato tra Portomaggiore e Portoverrara fino a quando due contadini lo hanno visto e lo hanno messo in fuga. Arrestato dai carabinieri, è stato condannato a tre anni di reclusione. Una volta uscito, sono iniziati gli omicidi che lo hanno reso noto a tutta Italia con il nuovo soprannome.

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Ravaglia, cinque anni fa, ha incontrato Igor il Russo proprio sul luogo del suo secondo omicidio in Italia. Lui e il collega Valerio Verri erano di pattuglia quell'8 aprile del 2017 nelle campagne di Portomaggiore. I due stavano svolgendo una normale attività di controllo del territorio e della pesca, ben lontana dalle ricerche di Igor il russo, allora già in fuga dopo l'omicidio di Davide Fabbri a Budrio. "Il tempo non ha cancellato nulla – ha detto al quotidiano Ravaglia -. Sono passati cinque anni ma il dolore sotto tutti i punti di vista è sempre lo stesso.Dalle 30 alle 50 volte al giorno penso a cosa è accaduto. I medici mi hanno detto che mi porterò dietro i problemi di salute per tutta la vita. Un colpo mi ha fatto esplodere l'omero, il secondo mi ha ferito la spala, il terzo ha preso il plesso brachiale e il quarto mi ha perforato un polmone, l'intestino e il colon. Sono vivo per miracolo".

L'agente è reduce dalla paralisi del braccio destro e da alcuni danni alle vertebre. Neppure i polmoni, dice, sono tornati più quelli di prima. Dall'attività sul territorio, Ravaglia è passato a quella prettamente d'ufficio. "Facevo quello che ritengo il lavoro più bello del mondo. Lavoravo in mezzo alla natura, la tutelavo e la proteggevo. Ora tutto è cambiato, perché non svolgo più attività sul campo". Tornando a quel giorno del 2017, Ravaglia sostiene che non fosse responsabilità del suo Corpo cercare il fuggitivo. "Per noi quel giorno si trattava di normale sorveglianza del territorio e di routine. Da lui non mi aspetto risarcimenti perché è nullatenente. Neppure un pentimento posso ottenere, perché sono sicuro che non si sia mai pentito. Ho seguito i processi e quando c'è stata la sentenza ho voltato pagina. Non ho mai chiuso quel capitolo, ma una pagina l'ho girata. Certo non lo perdono, ma non lo odio".

Ravaglia ha raccontato di essersi finto morto per avere chance di sopravvivere alla furia del killer. "Avevo gli occhi chiusi e con un polmone perforato trattenevo il respiro. Lui mi ha girato il volto con la scarpa e poi mi ha insultato. Alla fine ha preso la mia pistola ed è andato via. La mia arma si trova ancora in Spagna. Ho pensato che stavo perdendo mia moglie: da quel momento viviamo in simbiosi, è come se fosse una parte di me". Prima dell'aggressione a Verri e Ravaglia, Igor il Russo aveva ucciso durante una rapina Davide Fabbri. Dopo la morte di Verri, è fuggito per otto lunghi mesi prima dell'arresto in Spagna. Ha attraversato 8 Paesi e ha cambiato 18 identità prima di essere fermato il 15 dicembre a Mirambel, in Aragona.

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