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Manduria, pensionato picchiato a morte. Pm: “Video circolavano in tutto il paese, tutti sapevano”

“La quasi totalità della cittadina manduriana era a conoscenza di quello che accadeva e aveva modo di visionare queste crudeltà che sistematicamente venivano poste in atto”. Il particolare è emerso durante la conferenza stampa sui dettagli relativi agli otto arresti per le violenze in provincia di Taranto nei confronti del 66enne Antonio Stano.
A cura di Biagio Chiariello
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Otto persone arrestate a Manduria per la morte di Antonio Stano. Due minorenni e sei maggiorenni – accusati di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravato – che facevano parte delle gang di bulli che tormentavano il pensionato. Ad incastrarli sono stati i video e le chat scambiati via whatsapp. "Terribili – li definisce il procuratore Carlo Maria Capristo – Sono video e audio che dimostrano come la violenza si autoalimentasse". I decreti di fermo sono stati firmati al termine delle indagini della squadra mobile di Taranto e del commissariato di Manduria, coordinate da Capristo e dalla procuratrice dei minori Pina Montanaro, che dice: "I video circolavano non solo nelle chat ma in tutta la cittadina di Manduria. In tanti sapevano". Lo conferma il fatto che siano stati condivisi e commentati anche da altre persone, compresi molti adulti, come è emerso dai primi riscontri investigativi sui telefonini sequestrati ai 14 indagati.

A Manduria tutti sapevano

Il particolare è emerso durante la conferenza stampa sui fatti di Manduria alla quale hanno partecipato lo stesso Carlo Capristo, il sostituto procuratore Remo Epifani, il questore di Taranto Stanislao Schimera e il dirigente del Commissariato di Manduria Gaetani Antonio Gaetani. "Noi – ha aggiunto Montanaro – abbiamo acquisito diverso materiale probatorio a seguito dei sequestri dei cellulari di tutti gli indagati. Da questo materiale, con l'ausilio di una consulenza tecnica, stiamo estraendo non solo file video ma anche audio. L'insieme delle conversazioni in chat che i ragazzi avevano. Cosa emerge da questo primo esame del materiale? Un uso distorto del web. Queste ragazzi utilizzavano il web per esaltare, condividere le loro nefandezze". La visione "dei video e l'ascolto dei file audio – ha precisato il magistrato inquirente – evidenzia come la crudeltà e la violenza si autoalimentasse e aumentasse in maniera esponenziale laddove le nefandezze venivano diffuse all'interno del web, non soltanto nelle chat di cui gli indagati facevano parte ma in tutta la cittadina, su altri telefoni. La quasi totalità della cittadina manduriana era a conoscenza di quello che accadeva e aveva modo di visionare queste crudeltà che sistematicamente venivano poste in atto".

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