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Mamma e figlia uccise, killer nel bar ricoperto di sangue: “Vittime costrette a mangiare uova marce”

Gabriela Trandafir, di 47 anni, e sua figlia Renata Alexandra erano state ridotte alla fame dall’assassino Salvatore Montefusco, di 69 anni. Lo sostiene la legale delle due vittime Annalisa Tironi. “Per sopravvivere avevano dovuto mangiare uova marce”
A cura di Gabriella Mazzeo
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La morte di Gabriela Trandafir, di 47 anni, e sua figlia Renata Alexandra, poteva essere evitata. Salvatore Montefusco, l'uomo che le ha uccise a fucilate nella giornata di lunedì, era già stato denunciato 4 volte dalla moglie 47enne. Nonostante tutto, però, le due donne continuavano a vivere in condizioni precarie: il 69enne reo confesso le aveva ridotte alla fame, impedendo alle due di lavorare. "Per poter mangiare – ha spiegato la legale della 47enne – avevano dovuto vendere gli ori di famiglia".

Nella giornata di ieri avrebbe dovuto svolgersi l'udienza di separazione. Gabriela Trandafir aspettava da tempo l'ultimo atto dell'iter giudiziario per porre fine a quel matrimonio. Tre ore prima di morire la 47enne si era recata con la figlia dalla legale che l'aveva assistita in quel lungo percorso. "Era contenta – ha ricordato l'avvocata Annalisa Tironi -. Pensava fosse la fine di un calvario dopo quattro denunce in meno di un anno. Invece sono state uccise poco dopo a colpi di fucile".

Renata Trafandir
Renata Trafandir

Prima del terribile atto finale, una serie di violenze che Gabriela aveva denunciato più volte. La prima denuncia per maltrattamenti risale al luglio del 2021. Ad agosto c'era stata un'integrazione, poi a dicembre la seconda denuncia. Tra aprile e maggio, anche la figlia Renata si era presentata in caserma. Tutti quegli appelli erano però rimasti inascoltati. Mamma e figlia erano ridotte alla fame: le due non potevano lavorare e non ricevevano denaro dal killer. Per fare la spesa, avevano dovuto vendere gli oggetti in oro che avevano in casa. Messe alle strette, per sopravvivere avevano dovuto mangiare perfino uova avariate. Dopo essersi sentite male, mamma e figlia avevano chiamato l'ambulanza.

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La procura di Modena ha chiesto l'archiviazione per i due procedimenti penali aperti contro Montefusco. Secondo il pm, le vessazioni denunciate dalle due donne "non sono mai sfociate nelle percosse". La difesa si è opposta, chiedendo di sentire in occasione dell'udienza per la separazione i servizi sociali che seguivano la famiglia e il figlio minore della coppia. Il 69enne però ha agito prima dell'ultimo atto dell'iter giudiziario, uccidendo moglie e figlia a sangue freddo. Secondo quanto accertato, l'uomo non voleva perdere la villetta di campagna in via Cassola di Sotto. 

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Il ritratto che emerge dell'ex imprenditore è quello di un uomo fortemente legato al denaro. "Il 69enne ha raccontato di aver impugnato il fucile quando la figlia è entrata in casa – ha spiegato l'avvocato difensore Marco Rossi -. Renata si è rivolta a lui dicendogli: "Domani finalmente te ne vai". Lui non ci ha visto più. Ha detto che non ne poteva più delle vessazioni che subiva e che temeva di abbandonare la casa che aveva costruito".

Il killer al bar ricoperto di sangue

"Quando Montefusco è entrato nel bar, ho pensato a un incidente stradale. Non potevo immaginare cosa fosse accaduto". A parlare è Tina, barista della Caffetteria D&G di Castelfranco. È qui che il killer 69enne si è recato dopo aver ucciso la moglie Gabriella e la figlia Renata. "Me lo sono trovata di fronte, proprio dall'altra parte del bancone. Si teneva la testa e aveva le mani sporche di sangue. Mi ha chiesto un caffè e un bicchiere d'acqua. Subito dopo mi ha chiesto il cellulare e ha chiamato i carabinieri, attivando il vivavoce. A quel punto ha detto di aver ucciso la compagna e la figlia. Mi è crollato il mondo addosso".

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