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Lo chef Filippo La Mantia: “Non trovo camerieri: dopo il Covid i ragazzi hanno cambiato mentalità”

Anche lo chef Filippo La Mantia lamenta difficoltà nel riuscire a reperire personale per il suo ristorante di Milano: “Sono disperato perché non trovo camerieri – ha spiegato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera – dopo il Covid i ragazzi hanno cambiato mentalità”.
A cura di Chiara Ammendola
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Anche Filippo La Mantia lamenta la mancanza di personale. Questa volta però nel vortice non ci finiscono i cuochi ma un'altra categoria, quella dei camerieri che lo chef di origini siciliane faticherebbe a trovare per il suo ristorante milanese: “Io sono disperato perché non trovo camerieri, le prime domande che mi sento fare ai colloqui sono: ‘Posso avere il part time?’ e ‘Posso non lavorare la sera?’”, le parole di La Mantia che, in un'intervista al Corriere della Sera dice la sua sulla scelta di lavorare nel mondo della ristorazione che in molti starebbero rinunciando a fare a causa della pandemia.

I ragazzi hanno proprio cambiato mentalità – le parole dello chef che ha riaperto da qualche settimana il suo ristorante al Mercato Centrale di Milano – fino a prima del Covid per loro era importante trovare un impiego, adesso è più importante avere tempo. Non sono disposti a lavorare fino a tarda notte o nei giorni di festa”. Secondo La Mantia, che ha confessato di servire spesso personalmente i propri clienti proprio a causa della mancanza di personale in sala, i giovani oggi hanno scelto “di mettere al centro della propria vita il tempo” e lo hanno fatto proprio a causa della pandemia che per molti è stata come un'epifania: “Ci ha fatto capire che prima vivevamo in un frullatore senza nemmeno rendercene conto”. Dinanzi a questa presa di coscienza dunque chi non vive la ristorazione come una vocazione ma solo come un lavoro, ha scelto di abbandonare non essendo disposto a sacrificare la propria vita personale: “I ventenni post Covid non cercano più questo, di lavoro”, ha spiegato.

“I ragazzi non ne vogliono sapere – ha continuato lo chef – con me c’è sempre l’avvocato del lavoro, offriamo come livello base 22mila euro lordi l’anno (1300-1400 euro netti al mese) per turni di 8 ore, soprattutto nella fascia 16-24, con straordinari pagati. Ma il fatto di dover essere impegnati fino a mezzanotte li fa scappare”. Un tema di cui si sta dibattendo molto in questi giorni dopo le polemiche che hanno suscitato le parole di un altro chef, Alessandro Borghese, che ha lamentato di non riuscire a trovare personale perché le nuove generazioni vogliono più garanzie rispetto alle precedenti: “Non credo che la figura del cuoco sia in crisi, ma ci si è accorti che non è un lavoro tutto televisione e luccichii. Si è capito che è faticoso e logorante – ha spiegato Borghese – e mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità" e "chi si affaccia a questa professione vuole garanzie”.

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