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Licenziato per le troppe multe, parla il capotreno: “I passeggeri mi adorano, a lavoro serve rigore”

L’intervista a Francesco Bonanno, il capotreno di Jesolo licenziato da Trenitalia per aver fatto troppe multe e poi reintragato dopo che la Cassazione ha chiuso il caso: “Non sono mai autoritario né prepotente, è una questione di civiltà. Chiudere con l’onta di un licenziamento sarebbe stato orribile”.
A cura di Redazione
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"Non sono un cacciatore di taglie, ma sul lavoro ci vuole rigore, devo impegnarmi affinché tutti i passeggeri viaggino con regolare biglietto. Non sono mai autoritario né prepotente, è una questione di civiltà". A parlare è Francesco Bonanno, 61 anni, originario della Sicilia ma residente a Jesolo, in Veneto, il quale era stato licenziato da Trenitalia che gli aveva contestato troppi errori nella comminazione delle multe. Ma poi i tribunali, ai quali il capotreno si era rivolto dopo aver fatto causa all ‘azienda, hanno dato ragione all'uomo. Nell'ultimo giudizio, la Cassazione ha chiuso il caso riabilitandolo al lavoro e stabilendo che, seppure si fosse dimostrato inflessibile e severissimo, lo ha fatto sempre negli interessi dell’azienda e non per un tornaconto personale.

Al Corriere della Sera, Bonnano, che in due anni ha rilasciato ben cinquemila multe, ha spiegato che in realtà i passeggeri lo adorano "perché i furbetti sono una minima parte. La quasi totalità degli italiani paga il biglietto e mal sopporta l’idea che ci sia chi gode dello stesso servizio senza sborsare un soldo. I passeggeri capiscono che io e i miei colleghi ci diamo da fare per evitare un’ingiustizia. Le dirò di più: la gran parte dei multati mi dice “so che sta facendo il suo lavoro”. Ecco, è il mio lavoro. Poi, certo, a volte qualcuno dà i numeri". Per quanto riguarda il rapporto con i colleghi ha dichiarato che "molti mi hanno espresso solidarietà. Ma c’è anche qualcuno che non sopporta il mio modo di lavorare, mi accusano di essere troppo rigido, sparlano alle mie spalle. Io però vado dritto per la mia strada: sui treni viaggia soltanto chi ha il biglietto". Ad ogni modo, tornare a lavorare per lui è stata una grande vittoria: "Trentotto anni di carriera. Chiudere con l’onta di un licenziamento sarebbe stato orribile. Sono rimasto a casa per un anno e mezzo percependo lo stipendio senza lavorare. Per me non era una questione di soldi: volevo tornare a indossare la mia divisa. Amo questo mestiere e ho grande rispetto per Trenitalia. Provengo da una famiglia di ferrovieri e fin da bambino sognavo di trascorrere la mia giornata andando su e giù per i vagoni".

La vicenda è finita su tutti in giornali nei giorni scorsi. Il legale di Bonanno, Lucio Spampatti, ha cosi commentato la vicenda: "Non avevo mai visto licenziare un dipendente perché lavora troppo. Una storia paradossale, considerando che stiamo parlando di un capotreno che, a furia di scoprire viaggiatori irregolari, ha fatto guadagnare a Trenitalia oltre 200mila euro".

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