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L’ex pm che fece arrestare Amanda Knox: “Non rinnego nulla ma ora la conosco e mi fido di lei”

“Non rinnego nulla delle mie conclusioni processuali che confermo in pieno ma il rapporto di fiducia che si è instaurato tra me e Amanda è altrettanto forte, coinvolgente e irrinunciabile” ha spiegato l’ex procuratore di Perugia Giuliano Mignini.
A cura di Antonio Palma
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“Oggi io conosco Amanda Knox e mi fido di lei. Come potrei vederla capace di fare qualcosa di male? Ma i processi non si possono fare con i sentimenti” così Giuliano Mignini, l’ex pm che accusò l’allora giovane studentessa americana dell’omicidio di Meredith Kercher, ha rivelato l’insolito rapporto personale che si è instaurato tra lui e la donna dopo il pensionamento del Procuratore.

“Non rinnego nulla delle mie conclusioni processuali che confermo in pieno ma il rapporto di fiducia che si è instaurato tra noi due è altrettanto forte, coinvolgente e irrinunciabile” ha spiegato l’ex procuratore di Perugia che ha portato al processo Amanda, ottenendo per lei una condanna in primo grado prima dell’assoluzione definitiva in Cassazione.

L'ex pm Giuliano Mignini
L'ex pm Giuliano Mignini

Come ha spiegato il pm nella nuova versione del suo libro “Caso Meredith Kercher”, il riavvicinamento tra accusata e accusatore risale a circa tre anni fa quando, dopo la pensione, lui ha deciso di rispondere alle lettere di Amanda che aveva cercato in tutti i modi di entrare in contatto con lui già da oltre un anno. “Ho capito che non c’era alcun inganno in lei. Solo il bisogno di aprirsi e di dirmi tutto del suo mondo, di dirlo solo a me e di sentirmi parlare della mia vita” scrive nel libro.

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Un avvicinamento solo epistolare in un primo momento che infine lo scorso anno si è tramutato in un incontro faccia a faccia.  Era il 17 giugno quando Amanda Knox e Giuliano Mignini si sono visti alla presenza del cappellano del carcere di Perugia, amico di entrambi. “Siamo stati insieme per quasi tutta la giornata. Abbiamo anche pranzato insieme. Al pranzo c’era anche il marito di Amanda, Christopher, e la deliziosa bimba, Eureka Muse” ha raccontato il Pm, confermando il suo cambiamento di prospettiva sulla donna, condannata per diffamazione nei suoi confronti, ma non sul processo.

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“C’è un particolare che è più eloquente di ogni altra considerazione, una delle cose che mi hanno più stupito di lei, in questa sua svolta: il fatto che ci tenga a rendermi partecipe della sua vita più intima. Mi manda le foto della sua vita familiare e, soprattutto, della piccola, dolcissima Eureka il cui volto lei lo nasconde a tutti, perché ha paura dei paparazzi” ha confessato l’ex magistrato.

Un rapporto umano che lo stesso pm definisce “straordinario” anche se caratterizzato da un lato dai “ruoli processuali contrapposti, senza possibilità, almeno per ora, di una composizione di questa diversità di vedute sul processo”. Tra i due infatti resta la differenza di vedute su tutta la vicenda processuale.

“Debbo dire che, nonostante la mia grande pazienza e il mio sforzo di far comprendere ad Amanda che il quadro che è emerso dal processo, al di là delle innegabili anomalie dell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, sia tutt’altro che inquadrabile in un “errore giudiziario”, non sono riuscito a convincerla” ha sottolineato il pm.

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