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Lei resta incinta ma lui non vuole riconoscere il bimbo: gli spara alle gambe a Bari

A Bari una 26enne è finita ai domiciliari per tentato omicidio: avrebbe sparato tre colpi di pistola all’ex compagno dopo il suo rifiuto di riconoscere il figlio, ferendolo a una gamba.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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Una vicenda che a Bari ha assunto contorni quasi teatrali, sospesa tra cronaca nera e dramma umano. Protagonista una donna di 26 anni che, dopo la fine di una relazione sentimentale, avrebbe reagito con la violenza al rifiuto dell’uomo di riconoscere il figlio che lei sostiene di aspettare. Un epilogo che ha portato a tre colpi di pistola esplosi a distanza ravvicinata, uno dei quali ha ferito l’uomo a una gamba.

I fatti risalgono allo scorso 8 marzo, ma solo nei giorni recenti la polizia ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, emessa dal gip su richiesta della Procura di Bari. L’accusa nei confronti della 26enne, identificata con le iniziali T.L.C., è quella di tentato omicidio.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra mobile, coordinati dalla Procura, la donna avrebbe invitato l’ex compagno, G.B., a casa con un pretesto: la restituzione di alcuni oggetti personali rimasti dopo la rottura della relazione. Una volta all’interno dell’abitazione, la situazione sarebbe degenerata. I due avrebbero discusso, anche in merito alla gravidanza e alla paternità del bambino. Poco dopo, la donna avrebbe impugnato una pistola e fatto fuoco, esplodendo tre colpi. Uno ha colpito l’uomo alla gamba, rendendo necessario il trasporto in ospedale.

Nelle fasi immediatamente successive, la vittima aveva fornito una versione poco credibile dell’accaduto, raccontando di essere stato ferito da uno sconosciuto mentre faceva jogging. Agli agenti aveva anche detto di non voler presentare alcuna denuncia: “Voi fate il vostro lavoro, se sapete chi è stato”, avrebbe aggiunto. Un racconto che non ha convinto gli inquirenti.

Le indagini, sviluppate attraverso accertamenti tecnici e riscontri incrociati, hanno progressivamente smontato quella ricostruzione, portando alla responsabilità della donna. Alla base del gesto, secondo gli investigatori, ci sarebbe il rifiuto dell’uomo di riconoscere il figlio concepito durante la loro relazione. Ora la 26enne si trova ai domiciliari, mentre l’inchiesta prosegue per chiarire tutti i passaggi di una storia che, ancora una volta, mostra come conflitti personali irrisolti possano trasformarsi in violenza estrema.

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