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L’effetto “boomerang” di Putin: il rilancio del processo d’integrazione europea

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha risvegliato l’esigenza di unità dell’Europa. Ora serve un disegno politico-militare condiviso dell’Unione contro le pulsioni nazionaliste. L’opinione del senatore Gregorio De Falco.
A cura di Marco Billeci
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di Gregorio De Falco – senatore gruppo Misto

L’annuncio che la Germania aumenterà fino al 2% del pil le spese per la difesa rappresenta una svolta storica, che non solo crea le basi di una prossima difesa europea, ma evidenzia anche un imprevisto effetto “boomerang”, derivante dall’aggressione russa ai danni della Ucraina: Putin, infatti, sembra aver ottenuto un risultato opposto ai propri intendimenti, risvegliando  l'esigenza di unità, non solo dell'Europa, ma dell’Occidente intero. Un effetto che si traduce in un rilancio del processo di integrazione politica dell’Unione europea.

Fino al 24 febbraio, era impensabile che il governo tedesco di centrosinistra potesse prendere una tale decisione, che probabilmente indurrà entro breve un aumento complessivo degli investimenti per la difesa, anche da parte degli altri Stati europei. Allo stesso tempo, questa potrebbe essere l’opportunità necessaria per ridare slancio al processo di integrazione dell'Unione.

Se, infatti, la Germania sarà la prima potenza militare europea a raggiungere la soglia del 2% del pil di spese per la difesa, che i Paesi NATO si erano prefissati entro il 2024, secondo l'impegno concordato nel 2014 in occasione della crisi di Crimea, è prevedibile che gli altri Stati si allineeranno a quel livello di investimenti, per non rischiare di lasciare ai tedeschi un ruolo politico e militare soverchiante. Sarà, quindi, necessario che anche l’organizzazione politica e istituzionale dell’Unione si traduca rapidamente in un disegno politico-militare, condiviso, che dia un senso e un verso comuni alla capacità militare di cui i singoli Paesi e l’Europa si stanno dotando.

Ci si sta chiedendo in questi giorni, con incredulità rispetto a un futuro di integrazione politica effettiva, se l’Unione Europea dovesse proprio attendere una crisi e una situazione di necessità per rilanciare quel processo, ma è evidente come questi eventi rendano chiarissima, in un mondo così strettamente globalizzato, l’inadeguatezza della “scala nazionale” e la necessità di decidere e mantenere posizioni comuni.

Una maggiore integrazione politica, avrebbe certamente consentito all’Europa di affrontare le sfide globali (dalla pandemia alla crisi in Afghanistan, ad esempio) in modo più dignitoso e meno oneroso. D'altra parte è pure noto che questa situazione di frammentazione è il costo diretto dei nazionalismi d’accatto, quelli volti a fomentare le paure e le insicurezze nella popolazione. Tuttavia, nessun senso avrà tutto questo impegno, se l’Unione europea non riuscirà a recuperare il tempo perso sul piano giuridico, politico e istituzionale da cui possa scaturire una effettiva politica europea e dei cittadini

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