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“La discarica di Malagrotta inquinava le falde acquifere”

È la conclusione di una perizia del Politecnico di Torino realizzata per conto del Consiglio di Stato.
A cura di A. P.
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La discarica di Malagrotta che accoglieva i rifiuti di Roma era piena di materiale pericoloso come metalli pesanti e solventi ed inquinava la falda acquifera sottostante usata per l'irrigazione dei campi. È quanto stabilito dalla perizia dei tecnici del Politecnico di Torino depositata al Consiglio di Stato e che ieri è stata  acquisita anche dal pm Alberto Galanti. Il monitoraggio, effettuato dai professori del Dipartimento di Ingegneria dell’ambiente del Politecnico di Torino, serviva a dirimere la questione di un’ordinanza voluta dal Comune di Roma per l'inquinamento della discarica e poi bloccata dal Tar. L'analisi ora dà ragione a chi aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la prima decisione del Tar, tra cui Comune e cittadini locali. "Appare evidente che i parametri di inquinamento riscontrati sono ragionevolmente attribuibili a percolato" è scritto infatti nella relazione, dove viene spiegato che solo il percolato proveniente dai rifiuti ha la capacità di sciogliere i metalli e portarli fino all’acqua. "Vengono riscontrate concentrazioni di metalli anche molto elevate e disomogenee nei vari punti di indagine anche molto vicini tra loro" sottolineano ancora i tecnici, aggiungendo "Analoghi esempi si riscontrano per altri parametri indicatori di inquinamento (manganese, azoto ammoniacale)".

Soddisfazione dal Campidoglio – "La prima relazione del Politecnico di Torino ribalta completamente la sentenza del Tar che ci aveva dato torto e ci dà ragione sul fatto che c’è un collegamento tra l’inquinamento presente nella falda e la discarica di Malagrotta" ha dichiarato soddisfatta l'assessore all’Ambiente del Campidoglio, Estella Marino, aggiungendo "Finalmente, con un soggetto terzo, vedremo cosa dirà il Consiglio di Stato". Soddisfazione anche da parte dell'Arpa del Lazio che sottolinea come la relazione del Politecnico "nella sostanza e nelle parole accoglie le tesi tecniche da sempre sostenute dall’Agenzia e che la portarono ad appellare la sentenza del Tar del Lazio, basata sulla verifica da parte di un tecnico di cui da subito l’Arpa contestò la piena terzietà".

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