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Il mostro di Firenze, i misteri sulla storia che sconvolse l’Italia

Tra il 1968 ed il 1985 la campagna fiorentina si è macchiata del sangue di 8 coppie in cerca di intimità. Più tardi quelle morti furono attribuite alla firma del mostro di Firenze.
A cura di Anna Vagli
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Tra il 1968 ed il 1985 le campagne fiorentine si macchiarono del sangue di otto duplici omicidi che, con il passare degli anni, furono attribuiti al mostro di Firenze. Forse il peggiore tra i serial killer che la storia della cronaca nera italiana ricordi. Nonostante sia ormai passato oltre mezzo secolo aleggiano ancora dubbi e misteri intorno alla mano, o alle mani, che hanno firmato quegli orrendi delitti.

L’unico punto fermo, infatti, tutt’oggi, è la morte dei 16 ragazzi innocenti. Non meno trascurabili, invero, anche altri dettagli: la mutilazione degli organi genitali femminili, a partire dal terzo omicidio, e l’arma del delitto. Quest’ultima sempre la stessa.

Ma analizziamo alcuni degli interrogativi più intricati della vicenda.

Il modus operandi

Nei 17 anni di mostro 7 coppie su 8 in cerca di intimità vennero freddate, a colpi di pistola e con un’arma bianca, nelle loro automobili. Eccezion fatta per il duplice omicidio dei francesi del 1985. In questo caso la coppia venne sorpresa in tenda.

Il modus operandi del mostro andò invero mutando nel tempo. In particolare, l’anno della svolta è considerato il 1981. Nei primi omicidi, infatti, il mostro si limitò ad uccidere le donne con il coltello. Dopo il 1981, invece, iniziò a praticare esportazioni. Nello specifico del pube e della mammella sinistra. Inoltre, sempre negli ultimi delitti, le donne furono abbandonate prive di vestiti fuori delle automobili.

La scena del crimine

Da un’analisi complessiva degli omicidi è ipotizzabile che il mostro non scegliesse le coppie quanto piuttosto i posti dove poter agire indisturbato. In quegli anni, infatti, appartarsi in auto per consumare un rapporto sessuale, soprattutto nei piccoli paesi, era deputata un’attività estremamente aggressiva.

Da un altro punto di vista, è verosimile ritenere che il mostro perlustrasse il luogo accuratamente prima di procedere nei suoi agguati per evitare intrusi, e guardoni, notturni.

L’ombra religiosa 

C’è un dettaglio, non di poco conto, che arricchisce di giallo. Nel duplice omicidio commesso nel 1968 e in quello commesso nel 1984 il mostro strappò dal collo delle due ragazze uccise la catenina con attaccato il crocefisso. Un dettaglio non trascurabile se posto in relazione al modus operandi del mostro stesso. Nel suo raggio d’azione omicida cadevano infatti le coppie che si appartavano in auto per cercare intimità. Dunque, donne e uomini non legati dal vincolo coniugale o comunque fedifraghi.

Natalino Mele: il teste oculare del mostro

Natale Mele, per tutti Natalino, nacque il giorno di Natale del 1961 da Barbara Locci e Stefano Mele. Natalino fu l’unico, almeno conclamato, testimone oculare del mostro di Firenze.

La notte del 21 agosto del 1968, all’età di sei anni, era presente quando il mostro uccideva sua madre, Barbara Locci, e Antonio Lo Bianco uno dei tanti amanti della donna. La prima coppia sacrificale.

Natalino, 6 anni all’epoca dei fatti, si trovava sul sedile posteriore della Giulietta bianca parcheggiata in prossimità di Lastra a Signa (Firenze), mentre la madre consumava un rapporto sessuale con il Lo Bianco. Probabilmente l’aggressore non si accorse neppure della sua presenza. Almeno non prima di aver ucciso la coppia.

L’unico sopravvissuto al mostro, da quanto emerso, fuggì così da solo nei campi fino ad arrivare al casolare dove abitava il Sig. De Felice. In quell’occasione, dopo aver bussato alla porta, esclamò: “Apri, ho sonno, il mi’ babbo è malato e la mamma e lo zio solo morti”.

Per l’omicidio fu condannato il padre Stefano Mele. Ma Natalino, sin dai primi interrogatori, ha sempre negato di aver riconosciuto parenti della madre durante l’omicidio.

La prostituta Milva Malatesta

Milva Malatesta, che di professione faceva la prostituta, era figlia di Renato e Antonietta Sperduto, che fu l’amante di Pacciani e Vanni.

La Sig.ra Malatesta fu trovata bruciata insieme al figlio Mirko Rubino, di soli tre anni, nella sua auto marca Panda il 17 agosto 1993.

L’omicidio fu commesso pochi giorni dopo quello di Francesco Vinci, suo amante,  ucciso con le stesse modalità.  Per la morte di Malatesta e Vinci fu indagato e imputato il padre di Mirko e il compagno della Malatesta, Francesco Rubino. Ma l’esito processuale fu quello dell’assoluzione per non aver commesso il fatto. Oggi il duplice omicidio è rimasto senza colpevole ma secondo alcuni si ricollegherebbe alla mano del mostro.

La pista del medico. Chi era Francesco Narducci?

Quando i delitti commessi dal mostro iniziarono ad includere il sezionamento dei corpi si fece strada l’ipotesi che dietro vi fosse la mano di un chirurgo. E la faccenda assunse una nuova luce nel 2002. Facciamo quindi un passo indietro.

L’8 ottobre 1985, Francesco Narducci, giovane ed esponente dell’alta borghesia perugina, scomparve nel nulla mentre si trovava a bordo della sua imbarcazione sul lago Trasimeno. Il suo cadavere venne ripescato il 13 ottobre e la morte per annegamento fu data per scontata. Così, il corpo fu immediatamente consegnato alla famiglia per procedere alla sepoltura. La questione cadde nel dimenticatoio. Fino al 2002 quando la magistratura perugina tornò sul caso in seguito di alcune intercettazioni telefoniche che ricollegavano quella morte alla storia del mostro di Firenze.

Venne così disposta la riesumazione del cadavere e l’esito fu clamoroso. L’uomo della bara non era quello ripescato nel lago e la morte del dottor Narducci fu attribuita, a seguito dell’autopsia, a strangolamento. Non quindi ad annegamento. Di chi era il corpo ripescato nel Trasimeno e dove è finito? C’è stato uno scambio di cadaveri?

Secondo una delle piste seguite, Francesco Narducci era affiliato con il padre Ugo alla massoneria e, insieme ad altri esponenti, avrebbe commissionato e coperto i delitti del mostro. Francesco Narducci, secondo tale pista, fu ucciso perché a conoscenza di informazioni compromettenti.

L’arma del delitto

L’arma del delitto non è mai stata rinvenuta ma l’FBI l’ha identificata in una pistola calibro 22 con una H marcata sul fondello.

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