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Il mistero di Evi Anna Rauter e quel corpo nella pineta rimasto per 32 anni senza nome

Il misterioso caso di Evi Anna Rauter, ragazza altoatesina scomparsa il 3 settembre del 1990 da Firenze. Dopo trentadue anni è arrivata la svolta?
A cura di Anna Vagli
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Il termine inglese cold case significa letteralmente caso freddo: così sono oggi designati i casi di cronaca nera archiviati senza soluzione oppure giunti ad una sentenza di condanna esecutiva. E i cold case per eccellenza sono gli omicidi rimasti senza colpevole. Sono i delitti più gravi e cruenti che non sono passati attraverso una sentenza di condanna, chiusi per mancanza, insufficienza di prove o derubricati a presunti suicidi. Sono delitti irrisolti. Non è quantificabile il tempo decorso il quale un caso diventa "a pista fredda". L'evoluzione delle tecnologie, delle strategie investigative, l'invalidazione di una prova che scagionava un indagato, sono alcuni dei requisiti che potrebbero aiutare a far luce su quanto, per anni o addirittura decenni, è rimasto nell'ombra.

Ci sono ferite che non vanno mai in prescrizione. E non potrebbe essere diversamente. Sono quelle che hanno a che fare con l’ergastolo della sofferenza inflitto ai familiari di una persona morta in circostanze che restano insolute. In alcuni casi per anni, in altri potenzialmente per sempre. Come è accaduto ai familiari di Evi Anna Rauter, ragazza altoatesina scomparsa il 3 settembre del 1990 da Firenze. “Vado a Siena, torno questa sera”. Questo l’ultimo biglietto da lei lasciato alla sorella. Da quel momento della giovane si sono perse le tracce. Almeno fino ad un mese fa quando, dopo trentadue lunghi anni, la sua storia si è intrecciata con il corpo di donna rimasto senza nome e rinvenuto appeso ad un albero nella pineta di Portbou, paese spagnolo al confine con la Francia. Una storia, quella di Rauter, rimasta senza tragico epilogo fino all’intervento di due trasmissioni televisive.

A questo punto però si rende necessario riavvolgere il nastro. Fresca di maturità, Evi si recò a Firenze il 31 agosto in visita della sorella che studiava proprio nella città rinascimentale. Si era diplomata a giugno del 1990 e avrebbe dovuto iniziare a lavorare l’11 settembre in una ditta di Merano. Lunedì 3 settembre, dopo aver fatto colazione insieme, Evi disse alla sorella che le avrebbe lasciato un biglietto per farle sapere dove si sarebbe diretta. Al ritorno di quest'ultima, difatti, era rimasto soltanto un biglietto di Evi Anna. Quest'ultima non avrebbe fatto ritorno a casa neppure il giorno successivo.

I genitori delle due Rauter si precipitarono così nel capoluogo toscano e sporsero denuncia. Le ricerche, compiute tra Siena e Firenze, erano rimaste infruttifere. La ragazza era alta 1.70, aveva i capelli castano chiaro, gli occhi grigio-azzurri, carnagione chiara ed una corporatura normale. Il 3 settembre indossava una salopette, una maglietta celeste, sandali neri e un orologio digitale marca Casio. Nella borsa aveva documenti e nel portafogli 60 mila lire.

Nel frattempo, il 4 settembre dello stesso anno, alle 7.30 del mattino, neppure 24 ore dopo la scomparsa di Evi Anna, venne trovato il corpo di una ragazza appeso ad un albero in una pineta spagnola. La giovane in questione non aveva con sé i documenti, ma ne venne stimata l'età intorno ai venticinque anni.  Gli inquirenti spagnoli le scattarono alcune fotografie e prelevarono le impronte digitali. Ad ogni buon conto, fin da subito l'anatomopatologo spagnolo aveva avanzato qualche riserbo sulla possibilità che potesse effettivamente trattarsi di suicidio. In particolare, tre erano gli elementi che fecero sospettare anche gli inquirenti spagnoli sull'estremo gesto: il cappio perfettamente regolato al collo, la non compatibilità del terriccio rinvenuto sotto le suole delle scarpe con quello della pineta e il dato per il quale il volto della ragazza misteriosa era rivolto verso il tronco e non verso l'esterno. Non venne invece fatto il test del DNA perché all'epoca in Spagna quest'ultimo non era annoverato tra le tecniche di indagine. In Italia, invece, era stato utilizzato per la prima volta nel 1987 per l'omicidio di Lidia Macchi. Il caso venne comunque archiviato come estremo gesto e il corpo, dopo esser stato sepolto per un breve periodo in una tomba anonima, venne gettato in una fossa comune. Come mai dopo tanti anni questa storia si lega a doppio filo con quella di Evi Anna?

Qualche settimana fa la trasmissione spagnola Crims di TV3, un programma di delitti irrisolti, ha mandato in onda un servizio che raccontava la vicenda del corpo senza nome rinvenuto 32 anni prima nella pineta di Portbou. La redazione del programma aveva così scoperto che il giorno della morte della giovane in quella pineta si erano accampati alcuni ragazzi austriaci. Da qui la decisione di mettersi in contatto con la trasmissione austriaca Ungelost, anch'essa incentrata sulla ricostruzione dei casi di cronaca nera. E proprio grazie a un servizio di quest'ultima, una donna altoatesina in vacanza in Austria aveva inviato una mail al programma suggerendo che la "la ragazza appesa" potesse essere proprio Evi Anna. Da quel momento in poi è stato un susseguirsi di eventi. Il giornalista Carles Porta, della trasmissione Crims di TV3, allertato dai colleghi austriaci, ha così inviato alla famiglia Rauter le foto dei vestiti e dell'orologio della ragazza trovata impiccata nella pineta spagnola. E per la sorella, che ben ricordava cosa indossasse Evi, non ci sono stati dubbi: era lei. Eppure, nonostante entrambi i casi fossero stati segnalati all'Interpol, non ci fu alcuna attività di coordinamento tra la polizia italiana e quella spagnola.

I punti interrogativi sono ancora tanti, troppi. Come può essere arrivata lì Evi Anna? Che cosa è successo quando è uscita dall'abitazione fiorentina della sorella? È stata lei a togliersi la vita? Forse non lo sapremo mai. Sia per la mancanza dell'esame del Dna della ragazza della pineta, sia perché il corpo di quest'ultima potrebbe non essere più recuperabile tra le centinaia che sono sepolti nella fossa comune. Come se ciò non bastasse, inoltre, in Spagna gli omicidi si prescrivono dopo trent'anni. Nonostante certe ferite non possano rimarginarsi mai. Ad ogni modo resta aperta la possibilità di svolgere indagini in Italia attraverso l' apertura di un fascicolo relativo alla morte di Evi Anna. Sicuramente, ad oggi, la tragica scomparsa di quest'ultima resta un cold case.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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