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Firenze, processo a carabinieri accusati di stupro: rigettata istanza ricusazione del giudice

La corte d’Appello di Firenze ha rigettato l’istanza di ricusazione contro il giudice avanzata dai legali della difesa di Pietro Costa, uno dei due militari dell’arma accusati di aver violentato due studentesse statunitensi mentre erano in servizio la notte tra il 6 e il 7 settembre del 2017. I due sono stati già stati destituiti dall’arma per il loro comportamento.
A cura di Antonio Palma
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Sarà ancora il giudice Marco Bouchard a presiedere il collegio del processo a carico dell’ormai ex carabiniere scelto Pietro Costa, uno dei due militari dell’arma accusati di aver violentato due studentesse statunitensi mentre erano in servizio la notte tra il 6 e il 7 settembre del 2017. La corte d'Appello di Firenze infatti ha rigettato l'istanza di ricusazione contro il giudice avanzata dai legali della difesa. La richiesta in particolare verteva sui passati incarichi di Bouchard che secondo gli avvocati potevano influenzare la decisione del giudice. Nel mirino il ruolo di Presidente di Rete Dafne Italia, una onlus per l'assistenza alle vittime di reati sessuali, e i rapporti della stessa Rete Dafne col comune di Firenze, che nello stesso processo è parte civile, insieme alla studentessa americana vittima dello stupro, al ministero della Difesa e all'Arma dei carabinieri. Il processo a carico di Costa dunque prosegue regolarmente a porte chiuse.

Il carabiniere è accusato con il suo collega, l'ex appuntato scelto Marco Camuffo, di aver abusato delle due giovani studentesse dopo aver offerto loro un passaggio sull’auto di servizio per accompagnarle nella loro casa di Borgo Santi Apostoli, a Firenze. Secondo quanto denunciato dalle due studentesse, l’incontro era avvenuto all’esterno di una discoteca dove loro avevano trascorso la serata bevendo e ubriacandosi. I militari, in servizio, le hanno accompagnate a casa con l'auto dei carabinieri. Una volta giunti a destinazione, però, sarebbero entrati nel palazzo dove, approfittando dello stato di ubriachezza delle due giovani, hanno fatto sesso con loro.

I due carabinieri, incastrati anche dal dna sulle tracce di sperma rinvenute sugli abiti delle ragazze, hanno ammesso i rapporti sessuali sostenendo però che le donne erano consenzienti. Per l'accusa i due avrebbero agito modo "repentino e inaspettato”, abusando de ruolo e della divisa, violando gli ordini impartiti dai superiori e abusando delle ragazze. Per l’episodio il capo pattuglia è già stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione con rito abbreviato l'11 ottobre 2018. I due nel maggio precedente erano già stati destituiti dall’arma per il loro comportamento.

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