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Fase 2, sulla riapertura dei ristoranti è caos totale: “La nostra pazienza è finita”

Del 18 maggio non c’è certezza. In Sicilia si vocifera da tempo che i locali potranno riaprire i battenti a partire dal prossimo lunedì, ma non c’è ancora niente di stabilito. Nel frattempo le ipotesi formulate dall’Inail hanno aggiunto ulteriore confusione a quella che già c’era. I titolari si organizzano come possono ma, se si andrà avanti sulla strada del distanziamento di almeno due metri tra un tavolo e l’altro, alcuni non riapriranno.
A cura di Luisa Santangelo
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Il condizionale è l'unica certezza: il 18 maggio dovrebbero riaprire i ristoranti in Sicilia. Di norme ancora neanche l'ombra, di sussurri, invece, se ne rincorrono tanti. La Regione Siciliana non ha ancora deciso ufficialmente perché attende le linee guida del governo nazionale e, nel frattempo, i ristoratori brancolano nel buio. Le indicazioni rese note dall'Inail non migliorano la situazione: "Per noi sono inaccettabili", dice a Fanpage.it Dario Pistorio, presidente della Federazione italiana pubblici esercizi Confcommercio Sicilia. “Abbiamo fatto un appello al presidente della Regione Nello Musumeci e lo facciamo anche al governo nazionale – continua Pistorio – Dobbiamo essere messi nelle condizioni di potere lavorare. E poi: da quando l'Inail si occupa di normare la ristorazione?”.

C'è chi, intanto, si organizza come può prendendo per buono quel documento e sperando che non lo sia. “Mantenendo i due metri di distanza tra i tavoli, riusciremmo a fare una cinquantina di coperti”, racconta Alessandro Tomasello, titolare di I Cutilisci, ristorante che si affaccia sul porticciolo del borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti, a Catania. Da giorni, la piccola frazione sul mare è chiusa a chiunque non ci viva o lavori. L'esercito presidia ogni ingresso, dopo gli assembramenti registrati all'inizio di maggio. “I clienti che devono venire a ritirare l'asporto possono passare – conferma Tomasello – Ma in molti si scoraggiano per il timore di sanzioni e quando vedono esercito, carabinieri e polizia magari scelgono di non fermarsi”. Un danno che si somma agli altri, condivisi con i ristoratori catanesi e di tutt'Italia.

“Ho a lungo predicato pazienza. Ma adesso è finita ogni pazienza, ed è finita anche la decenza. Vogliamo risposte”, commenta Andrea Graziano, fondatore di Fud Bottega sicula. Un'istituzione non solo nel capoluogo etneo, ma ormai affermatissimo anche a Palermo e a Milano. “Abbiamo chiuso prima che fosse obbligatorio – aggiunge – Vista la situazione in Lombardia abbiamo deciso di tutelare i nostri ragazzi e, con il passare del tempo, abbiamo deciso di non riaprire né con la consegna a domicilio né con il delivery”. I due mesi di stop sono serviti per la formazione del personale: corsi d'inglese, di marketing, di personal branding. Ma anche degustazioni su Zoom e masterclass sui prodotti tipici siciliani. "Se sarà possibile, e ancora è solo un'ipotesi, noi comunque abbiamo deciso di non riaprire il 18 maggio. Prima vogliamo certezze sul come. E le condizioni che sono state espresse fino a questo momento farebbero sì che la nuova apertura sarebbe perfino peggio della chiusura".

Nel "documento tecnico" che contiene le "ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 nel settore della ristorazione" prodotto dall'Inail si legge che sarebbe opportuno garantire "il distanziamento fra i tavoli – anche in considerazione dello spazio di movimento del personale – non inferiore a due metri". E che comunque ciascun cliente dovrà avere a disposizione uno spazio non inferiore a quattro metri quadrati". In un locale come La cucina dei colori, in via San Michele a Catania, significherebbe potere riaprire per offrire solo quattro coperti. Nel ristorante trovano spazio due lunghi tavoli sociali e nessun altro spazio interno. Mentre all'esterno, nonostante una battaglia che dura da anni per la pedonalizzazione, la strada dovrebbe essere contesa con le automobili. "Noi abbiamo sempre fatto servizio da asporto e questo un po' ci salva", spiegano Salvo Pistorio e Giuseppe Cavallaro, insieme nella vita e nel progetto professionale. "Noi non siamo pessimisti, vogliamo vedere cosa cambierà e come, ma tante cose ancora si devono capire. Per esempio: se io e te viviamo insieme, possiamo sederci l'uno di fronte all'altro anche senza distanza di sicurezza?".

"Nella scrittura per ideogrammi la parola crisi è uguale alla parola opportunità", aggiunge Barbara Fait, amministratrice unica del ristorante giapponese Oxidiana, nei pressi del tribunale catanese. Loro non hanno perso tempo: la consegna a domicilio era già una parte fondamentale del loro lavoro ed è bastato semplicemente potenziarla. Ma delle 18 persone che lavoravano, solo quattro continuano a farlo. Le altre sono in cassa integrazione. "A livello psicologico è stato brutto essere costretta a lasciare a casa tante persone. Ma abbiamo usato questo tempo per fare cose diverse: abbiamo inventato piatti nuovi, potenziato la nostra presenza sui social, ci siamo conosciuti meglio". Forse, però, se le condizioni di distanziamento rimarranno quelle pensate dall'Inail, sceglieranno di continuare con il take away e il delivery. "Abbiamo ordinato un totem che disinfetterà in automatico mani e scarpe e che misurerà la temperatura dei clienti semplicemente avvicinando il polso – conclude – Arriverà a fine mese. Intanto aspettiamo di sapere cosa fare. Non mi piace piangermi addosso, ma ho bisogno di capire cosa potrò e non potrò fare".

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