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Esplosione nella centrale idroelettrica di Suviana

Esplosione alla diga di Suviana, sommozzatori alla ricerca dei dispersi: “Inferno, sembra la Concordia”

Il drammatico racconto dei sommozzatori al lavoro all’interno della diga di Suviana dopo l’esplosione che ha coinvolto la centrale idroelettrica di Bargi. Ci sono fango, oli e detriti ovunque che rendono difficile avanzare anche di pochi metri.
A cura di Antonio Palma
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Un inferno di fango, oli e detriti ovunque, uno degli interventi più difficili, qualcosa di visto solo dopo il disastro della Costa Concordia” sono le terribili descrizioni delle conseguenze dell’esplosione all’interno della diga di Suviana fatte dai sommozzatori che per primi sono scesi in quel buco nero che è ormai diventata la sala motori della centrale idroelettrica. Un racconto che conferma l’enorme distruzione causata dalla deflagrazione che ha investito lavoratori e tecnici impegnati sul posto facendo almeno tre morti.

L’esplosione ha coinvolto il piano meno 8 che ha provocato il crollo parziale del solaio e un conseguente allagamento al piano meno 9. Secondo i vigili del fuoco, lo scoppio ha polverizzato i cilindri verticali in cemento che contenevano gli alternatori dei due gruppi e ha rotto i condotti di refrigerazione facendo allagare entrambi i piani. "Stiamo lavorando tra acqua e macerie" ha spiegato Luca Cari, portavoce dei vigili del fuoco che sono impegnati nella ricerca dei dispersi.

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Alla centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana, "il problema è l'inquinamento dell'acqua. Principalmente la notte è stata dedicata alla bonifica da uno strato di acqua che invade i locali dove è avvenuto lo scoppio: in particolare sono stati rimossi quasi totalmente gli olii e gli idrocarburi presenti in superficie" ha detto il luogotenente, Duilio Lenzini del centro Carabinieri Subacquei di Genova. "Oggi si alterneranno vari operatori subacquei, scende una coppia per volta. La difficoltà è tutto l'ambiente. La visibilità ridotta e la presenza di parti derivanti dal crollo legato all'esplosione" ha aggiunto.

"Ci sono pareti spesse un metro e ottanta letteralmente sfondate come fossero di cartongesso. L’esplosione deve essere stata tremenda" ha confermato a Repubblica il comandante dei sommozzatori della Guardia di finanza di Rimini, Giovanni Cirmi, raccontando: “Interi blocchi calcestruzzo e pezzi di turbina sono stati schizzati via in ogni direzione con una violenza inaudita”.

Lo stesso racconto anche da parte del responsabile nazionale servizio sommozzatori dei vigili del fuoco Giuseppe Petrone. “Uno degli interventi più difficili della mia carriera. L’ambiente è difficile, è un ambiente a visibilità praticamente nulla, si opera al tatto ed è un ambiente ovviamente che non si presta alle attività di ricerca. È molto simile alle attività che abbiamo sviluppato nell'ambito della Costa Concordia” ha raccontato Petrone al Corriere della Sera. I sommozzatori faticano a muoversi a causa del materiale che si trovano davanti, pesante e difficile da spostare.

“Si cammina in acqua e, oltre a residui di olio e fanghi, troviamo anche i resti dell'esplosione, lastre di calcestruzzo e tondini in ferro" ha spiegato Petrone, rivelando: “Per fare due metri ci possono volere anche venti minuti”. Condizioni estreme che hanno spinto spesso i soccorsi a lunghe pause nella ricerca dei dispersi che comunque prosegue.

“Le condizioni oggettive ci dicono che le possibilità di trovarli in vita sono poche, ma fin quando c’è anche una sola possibilità noi come sempre faremo tutto il possibile” hanno spiegato. In aiuto sono arrivati anche dei robot per le ricerche teleguidate, che hanno permesso di ispezionare una parte della centrale difficile da raggiungere per gli uomini.

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