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Elezioni politiche 2022

Elezioni, il voto a rischio di 5 milioni di fuorisede: “E poi parlano di astensione, siamo delusi”

“È inaccettabile che così tanti governi si siano succeduti nel tempo ignorando questa compressione di un diritto costituzionalmente garantito” dicono alcuni studenti da tutta Italia iscritti all’Università di Bologna.
A cura di Beppe Facchini
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L'eterna questione dei fuorisede che rischiano di rimanere esclusi dal voto si ripresenta anche quest'anno: la stima è di almeno cinque milioni di aventi diritto che potrebbero non presentarsi alle urne. E non perché disinteressati alla politica, ma perché si tratta di studenti o lavoratori in comuni diversi rispetto a quello di residenza, lo stesso nel quale devono necessariamente recarsi per dire la propria alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Da sempre sono previsti degli sconti su treni e aerei per i fuorisede che tornano a casa per votare, ma in molti casi si tratta comunque di viaggi dispendiosi anche in termini di tempo. “Sappiamo benissimo la situazione delle infrastrutture e dei trasporti per andare da nord a sud, tra andata e ritorno ci metterei più di 15 ore” racconta Francesco, 23enne studente di Giurisprudenza a Bologna, originario della Basilicata: è lui, insieme ad altri giovani che hanno scelto il capoluogo emiliano per studiare, da sempre meta di tantissimi universitari, a parlare tramite i microfoni di Fanpage.it del proprio dissenso riguardo una situazione che l'Italia si trascina dietro ad ogni tornata elettorale.

“Si fanno sempre tanti discorsi sull'affluenza -continua- ma se c'è un ostacolo così enorme al diritto di voto e ci sono tanti fuorisede in questo Paese, non è l'unico motivo, però penso che sia normale che si raggiungano certi livelli di astensione. E tutto questo è dentro un grande tema dei diritti che non vengono garantiti nel nostro Paese. Io la trovo una cosa scandalosa -aggiunge Francesco- perché nelle nostre università studiamo che il diritto di voto è importantissimo e non deve essere sottoposto a limitazioni, però quale può essere una limitazione maggiore di dover pagare per andare a votare? Il voto è un diritto e i diritti non si pagano”. Luca, pure lui lucano, si dice invece “limitato” da questa situazione. “Siamo ancora indietro rispetto a tanti altri Paesi -prosegue-. Oltre a studiare, lavoro in un supermercato, con contratto a tempo determinato: non posso prendere un tot di giorni per votare. E anche se ne prendessi due, in 48 ore sarebbe impossibile scendere e risalire”.

“Dopo due anni di pandemia e i mezzi tecnologici usati -continua Luca- sicuramente si sarebbe potuto trovare un mezzo per votare. Ad esempio come fanno anche le persone all'estero”. Il voto per gli italiani residenti fuori dal Paese, oppure temporaneamente lontani per lavoro, cure o studio (tipo Erasmus), hanno diverse modalità con le quali partecipare alle urne. I fuorisede no. Arianna, di Siracusa, ha deciso comunque di spendere un bel po' di soldi per tornare in Sicilia e non far mancare il proprio voto, ma sottolinea: “Penso ci sia la necessità anche di guardare dei modelli che in altri Paesi possono esserci da esempio, nonché l'eterno paradosso per cui è più facile votare all'estero che dalla città in cui si studia o lavora”. Morgana, calabrese, con grande delusione ammette: “È come se in un certo senso la voce dei giovani venisse messa a tacere in maniera silenziosa e anche altrettanto subdola. Non viene concesso un diritto così importante nonostante se ne parli in continuazione. Eppure le nostre voci non hanno ascolto. Trovo vergognose le condizioni in cui lo studente fuorisede imperversa -aggiunge- e io mi sento violata da un diritto costituzionale del quale invece dovrei godere”.

Per Erika, originaria di Lauria, in Basilicata, “si potrebbe procedere con un voto a distanza, ad esempio attraverso lo Spid, o con una legge che preveda la possibilità per gli studenti fuorisede di votare nella regione in cui studiano”. Non solo. “L'università potrebbe procedere o con la sospensione delle attività didattiche o con le lezioni online nei due o tre giorni prima e dopo il voto” dice sempre Erika. La stessa proposta era stata avanzata all'ateneo di Bologna (ogni università si muove in maniera autonoma in questi casi) da alcune associazioni, a partire da Studenti Indipendenti. Finora non c'è stato però alcun risultato, se non “una generica raccomandazione ai docenti di registrare le lezioni, rimettendosi ovviamente alla discrezione del singolo” spiega il coordinatore del gruppo di Giurisprudenza, Paolo Paparone, di Capo d'Orlando, che poi aggiunge: “Mi sento sì limitato, ma soprattutto deluso, perché non mi aspettavo che ci fosse veramente una sorta di indifferenza e oserei dire superficialità. Ed è vergognoso che un'istituzione che dovrebbe occuparsi dell'educazione civica di noi studenti e studentesse non si sia minimamente interrogata su tale questione”. Il compagno di corso Filippo, da Mantova, si dice infine ancora indeciso se rientrare a casa per il voto oppure no. Ma una cosa per lui è certa: “È inaccettabile che così tanti governi si siano succeduti nel tempo ignorando questa compressione di un diritto costituzionalmente garantito. È una situazione totalmente inaccettabile anche per uno studente che vive al nord e che non deve attraversare le montagne per arrivare a votare -conclude-. Non vedo nessun segnale per cui dovrei essere ottimista, niente per cui pensare che le cose possano cambiare in meglio. Non c'è nessun partito politico che ha mostrato un minimo di sensibilità a riguardo”.

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