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E’ morto Walter Bonatti, leggenda dell’alpinismo

Nella giornata di martedì 13 settembre è morto a 81 anni a Roma Walter Bonatti, alpinista e scrittore.
A cura di Simona Saviano
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Walter Bonatti

Walter Bonatti, nato a Bergamo il 22 giugno 1930, è stato uno degli alpinisti più importanti; ha siglato alcune delle più audaci e complesse scalate tra gli anni '50 e '60. Bonatti aveva iniziato come ginnasta della "Forti e Liberi Monza", esordendo sin da giovane scalando le montagne lombarde.

IL K2 – Famoso per la scalata sul K2 nel 1954 guidata da Ardito Desio, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. A soli 23 anni era il più giovane del gruppo di scalatori; tuttavia non mancarono delle incomprensioni con i compagni. La Gazzetta ha ricostruito l'avvenimento che ha segnato l'inizio dei disaccordi: "Il giorno prima della conquista della vetta, Bonatti ridiscese dall'ottavo campo verso il settimo per recuperare le bombole di ossigeno lasciate la sera prima da altri compagni. Risalì verso il nono campo, allestito però da Compagnoni e Lacedelli a 250 metri di dislivello più in alto; per Bonatti (e il portatore pakistano Amir Mahdi) fu impossibile individuarli e raggiungerli al buio. I due furono costretti insieme a riparare in un bivacco di fortuna a 8100 metri sotto una bufera, con temperature stimate intorno ai -50 °C, senza tenda e sacco a pelo. Tornati verso il campo 8, Mahdi subì l'amputazione di numerose dita." Accusato di non aver fornito l'ossigeno a Compagnoni e Lacedelli, il caso si è chiuso solo nel 2007, dopo i giudizi di una commissione appositamente istituita dal Cai (Claub Alpino Italiano) che ha dato ragione a Bonatti.

“ Quella notte sul K2, tra il 30 e il 31 luglio 1954, io dovevo morire. Il fatto che sia invece sopravvissuto è dipeso soltanto da me. ”

LE SCALATE IN SOLITARIA – E' a partire da quest'esperienza che inizierà la sua carriera di scalate in solitaria: ha conquistato vette storiche, tra cui le Dolomiti, la parete nord delle Grandes Jorasses, nel 1955 il Petit Dru (parete della catena del Monte Bianco). Dal 1957 iniziò una serie infinita di spedizioni per conquistare le cime più famose del mondo: nelle Ande, in Patagonia, nel Karakorum. Nel 1961 fu uno dei quattro sopravvissuti alla scalata del Pilone Centrale del Freney, unica cima inviolata del Monte Bianco, in cui perse la vita il suo amico Oggioni; nell'anno 1965 scalò in solitaria la parete nord del Cervino su una via fino ad allora inesplorata.

In occasione dei suoi 80 anni aveva affermato di aver abbandonato l'alpinismo estremo nel 1965 perché

"con i mezzi tradizionali, ai quali avevo giurato fedeltà, potevo ormai solo ripetermi"

L'ATTIVITA' DI REPORTER – Subito dopo il 1965 si è dedicato all'esplorazione e all'avventura nelle zone più impervie al mondo, come inviato del settimanale "Epoca". Diceva di essere un uomo fortunato, proprio per aver avuto la possibilità di vedere diverse regioni della Terra sia come alpinista che come inviato. E' stato autore di vari libri e reportage di successo, tra i quali si ricordano: "I giorni grandi", "Le mie montagne", "Un modo di essere", "Il caso K2".

Nel 2004 il Presidente Ciampi gli conferì il titolo di Cavaliere di Gran Croce. Recatosi alla cerimonia di premiazione scoprì in quell'occasione di essere stato premiato insieme a Compagnoni; offeso, restituì l'onorificenza. Mentre non ha rifiutato il riconoscimento di Ufficiale della Legion d'onore francese.

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