Disse “lesbica” alla collega in ufficio: condannata per ingiuria

“Quanto è difficile dividere la stanza con una lesbica”: questa la frase che, l’11 aprile 2013, Francesca L. ha pronunciato nel corso di una accesa discussione in ufficio rivolgendosi ad Anna M., una donna romana di 44 anni omosessuale dichiarata che lavora per una ditta di traslochi della Capitale. Una frase che alla fine le è costata una condanna per ingiuria. Anna, infatti, si è sentita offesa dalle parole della collega e ha deciso di querelarla. Il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione sostenendo che il termine lesbica indicherebbe soltanto l’orientamento sessuale e affettivo di una donna nei confronti di un’altra donna. Da solo quel termine non è insomma ritenuto lesivo dell'onore e del decoro della persona. L’avvocato difensore di Anna si è però opposto alla richiesta di archiviazione e ha ottenuto l’imputazione coatta, ossia il provvedimento con cui il giudice, nel respingere la richiesta di archiviazione, ordina che venga celebrato il processo. Ora la sentenza del giudice di pace penale ha chiuso il caso.
350 euro di multa – La donna che ha chiamato “lesbica” la collega è stata condannata per il reato di ingiuria alla pena di 350 euro di multa. Inoltre deve risarcire alla collega i danni da liquidarsi in sede civile. L’avvocato Gianluca Arrighi, difensore della 44enne gay, ha spiegato: “È una sentenza importante. Se è vero infatti che oggi dovrebbe essere irrilevante, ma il condizionale è d’obbligo, l’orientamento sessuale di una persona, è altrettanto vero che bisogna distinguere il contesto in cui viene proferito il termine lesbica o gay. Qualora si utilizzi la parola ‘omosessuale’ solo per indicare una persona nota come tale non si commette alcun reato. Il caso è ben diverso, invece, se la persona viene apostrofata come gay o lesbica in senso dispregiativo. In questa circostanza, purtroppo, il termine era stato utilizzato con una valenza offensiva e discriminante”.