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Covid 19

Lavoratori denunciano Istituto Don Gnocchi per epidemia di Covid: “Contagi nascosti per giorni”

Diciotto lavoratori, quindici dei quali positivi al coronavirus, hanno denunciato per diffusione colposa di epidemia e altri reati in materia di sicurezza del lavoro i dirigenti dell’Istituto Palazzolo del Don Carlo Gnocchi di Milano. “Hanno tenuto nascosti casi di contagio da Covid 19, benché ne fossero a conoscenza almeno dal 10 marzo” e “impedito ai lavoratori l’uso delle mascherine per non spaventare il pazienti”, spiegano gli avvocati Romolo Reboa, Gabriele Germano e Massimo Reboa, che assistono gli operatori, tutti dipendenti della cooperativa Ampast che opera all’interno della struttura milanese. La Fondazione Don Gnocchi tramite i suoi legali respinge alle accuse, che giudica “infondate”, e assicura che “dal 24 febbraio sono stati presi provvedimenti operativi che hanno recepito i protocolli dell’Istituto Superiore della Sanità”.
A cura di Simone Gorla
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Istituto don Gnocchi (immagine di repertorio)
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Infermieri e operatori sanitari costretti a lavorare senza mascherina a stretto contatto con pazienti fragili e anziani per non spaventarli. Casi di contagiati da coronavirus tenuti nascosti per diversi giorni. È quanto hanno denunciato diciotto lavoratori, quasi tutti positivi al covid-19 e di cui almeno uno tuttora ricoverato all’Ospedale Sacco di Milano, che hanno chiesto alla procura di Milano di procedersi per i reati di diffusione colposa dell’epidemia e per altri reati in materia di sicurezza del lavoro nei confronti del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore dei servizi medici socio sanitari dell’Istituto Palazzolo – Fondazione Don Carlo Gnocchi, ma anche del legale rappresentante della cooperativa Ampast che opera all’interno della struttura milanese.

Coronavirus, la denuncia di 18 operatori dell'Istituto Don Gnocchi

La denuncia è stata depositata nella mattinata di lunedì 23 marzo. "Quella che segnaliamo è una situazione gravissima. È stata messa a rischio la salute non solo dei dipendenti, ma anche delle loro famiglie, dei degenti e di tutti quelli che li hanno incontrati", ha spiegato a Fanpage.it l'avvocato Romolo Reboa, che assiste i diciotto lavoratori insieme ai colleghi Gabriele Germano e Massimo Reboa. "Sin dall'inizio non sono state adottare misure di prevenzione – ha sottolineato il legale -. Non solo, gli operatori si erano portati le mascherine da casa e gli è stato impedito di indossarle per non spaventare i pazienti".

A rischio pazienti anziani, fragili e con malattie gravi

A farsi avanti e decidere di denunciare sono stati gli operatori della Residenza sanitaria assistenziale dell'Istituto "Palazzolo" di Milano, tutti in servizio nel reparto "Generosa" dove sono assistiti pazienti anziani, fragili e bisognosi di riabilitazione, malati di Alzheimer e con patologie neuromuscolari. "In un luogo che dovrebbe essere un santuario della sanità e garantire il massimo della sicurezza, si è sottaciuto per giorni un fatto effettivo di contagio", ha dichiarato a Fanpage.it l'avvocato Gabriele Germano. "Una situazione che è degenerata anche perché gli operatori socio sanitari sono le persone a più stretto contatto con i pazienti, che devono accudire, cambiare o lavare. Il contatto fisico è inevitabile”.

Quindici lavoratori contagiati, uno è ricoverato al Sacco

Diciotto persone hanno presentato denuncia ai pubblici ministeri. Quindici sono positive al coronavirus, una è ricoverata al Sacco. Altri tre sono sani, ma hanno voluto unirsi all'azione legale. "Hanno fatto denuncia ben sapendo che rischiano il posto di lavoro per questo. Lo hanno ritenuto un loro dovere sociale e sono cittadini esemplari per il loro coraggio". Altri tre dipendenti si sarebbero tirati indietro proprio per paura di ritorsioni. Tutti i firmatari della denuncia sono inquadrati in una cooperativa che opera all'interno della struttura, non sono quindi dipendenti diretti della Fondazione. Diciotto lavoratori di età dai 28 ai 58 anni e di una decina di nazionalità diverse: italiani, peruviani, senegalesi, argentini, cubani, ucraini, ecuadoriani, maliani, etiopi.

Il rischio di una diffusione del virus nella struttura sanitaria

I manager della Fondazione – secondo i denuncianti – non solo avrebbero tenuto nascosti "moltissimi casi di lavoratori contagiati dal covid-19, benché ne fossero a conoscenza almeno dal 10 marzo", come spiegato dai legali, ma avrebbero anche impedito di indossare le mascherine per non spaventare i degenti. I contorni della vicenda non sono ancora del tutto chiari. Così come non è certo il numero di persone contagiate tra operatori e pazienti della struttura. Se il virus fosse entrato nei padiglioni per poi diffondersi in modo incontrollato, come già avvenuto in altre residenze sanitarie, le conseguenze sarebbero tragiche. "Ci sono sicuramente altre persone che hanno contratto il virus – afferma l'avvocato Reboa – quelle che si sono fatte avanti lavoravano tutte insieme nello stesso padiglione, ma non sappiamo quale sia la situazione negli altri. La struttura intera dovrebbe essere chiusa e messa in quarantena, invece stanno costruendo un nuovo padiglione per i malati covid".

La replica della Fondazione Don Gnocchi: Nessuna negligenza

La Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, per tramite dei suoi legali, ha negato ogni responsabilità. “Non corrisponde al vero e costituisce grave ed infondata accusa, che i provvedimenti abbiano impedito agli operatori sanitari l’utilizzo delle mascherine per non spaventare l’utenza”, hanno dichiarato gli avvocati Antonello Martinez e Stefano Toniolo. "Rispetto all’utilizzo delle mascherine da parte degli operatori sanitari sono stati adottati, già dal 24 di febbraio, da parte di tutti i centri di Fondazione Don Gnocchi, ivi compreso l’Istituto Palazzolo di Milano, provvedimenti operativi che hanno recepito i protocolli dell’Istituto Superiore della Sanità e dell’Oms”, spiegano i legali. “I dati della positività degli operatori, triste e fisiologica conseguenza dell’attuale pandemia, sono stati trattati, sotto ogni profilo, in linea con la normativa sulla privacy e nel pieno rispetto delle direttive sanitarie in essere. Costituisce pertanto affermazione assurda e destituita da ogni fondamento giuridico e fattuale – scrivono Martinez e Toniolo – che sarebbero stati “tenuti nascosti moltissimi casi di lavoratori contagiati”.

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