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Ilaria Alpi, per i pm possibile legame con il caso Rostagno: Fanpage.it lo disse 3 anni fa

Il gip non accetta la richiesta della Procura di Roma di archiviare l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, misteriosamente assassinati a Mogadiscio il 20 marzo 1994. L’inchiesta sarà prorogata di sei mesi e sono stati chiesti gli atti del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno. Fanpage.it, con l’inchiesta di tre anni fa, trovò tutte le tracce che collegavano i due omicidi nel quadro di un traffico di armi internazionali con il coinvolgimento dei servizi segreti italiani e degli uomini di Gladio.
A cura di Antonio Musella
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Il Gip Andrea Fanelli ha prorogato le indagini per l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi in Somalia nel 1994, per altri sei mesi e chiesto l'acquisizione degli atti del processo per l'omicidio di Mauro Rostagno, giornalista ucciso in provincia di Trapani nel 1988. Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 e il suo operatore Miran Hrovatin, furono uccisi il 20 marzo 1994 a Mogadiscio da un commando locale. Erano di ritorno da un lavoro di inchiesta su come venivano spesi in Somalia i fondi per la cooperazione internazionale stanziati dal nostro paese. Furono trucidati nel furgone che li trasportava durante l'ultimo giorno di presenza dei militari italiani in Somalia. Da lì in poi ci sono stati 25 anni di depistaggi certificati e imbarazzanti conclusioni. Dapprima l'arresto e l'ingiusta detenzione per oltre 20 anni di Hashi Omar Hassan, accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio di Ilaria Alpi, scagionato poi dopo due decenni di ingiusta detenzione dal Tribunale di Perugia che nella sentenza parla di "palese depistaggio ai massimi livelli" che portò all'ingiusta detenzione del cittadino somalo. Quando intervistammo Hashi Omar Hassan, pochi giorni prima della sentenza di assoluzione, il somalo raccontò gli intrecci tra diplomatici italiani, servizi segreti nostrani e signori della guerra somali che portò al suo arresto avvenuto in circostanze singolari in Italia dopo che fu invitato dal nostro paese a testimoniare sulle violenze che Hashi stesso subì dai militari italiani in missione a Mogadiscio. Il secondo inquietante nulla di fatto fu quello della commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta dall'avvocato Carlo Taormina che arrivò a concludere, con una mozione votata a maggioranza, che l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin fu fatto a scopo di rapina. Intervistato da Fanpage.it Taormina sostenne che non ci fosse null'altro da scoprire e che i due giornalisti si erano trattenuti qualche giorno in più in Somalia per vacanza e non per realizzare un reportage sul traffico di rifiuti ed armi e le spese della cooperazione italiana in Somalia.

La chiave Jupiter

Ma cosa collega l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin con l'omicidio di Mauro Rostagno? Innanzitutto un nome in codice: Jupiter. Era l'alias di Giuseppe Cammisa, braccio destro di Francesco Cardella, tra i fondatori della comunità Saman e molto legato a Bettino Craxi (fu lui a mettergli a disposizione l'aereo privato che lo condusse ad Hammamet in fuga dall'Italia in piena tangentopoli). Secondo una fonte raccolta da Fanpage.it, appartenente a Gladio, la struttura paramilitare occulta messa in piedi dagli Stati Uniti nel dopoguerra per impedire la vittoria del Partito Comunista in Italia, Jupiter incontrò Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Bosaso pochi giorni prima di morire e gli fece perdere il volo che avrebbe dovuto condurli a Mogadiscio dove sarebbero poi dovuti rientrare in Italia. A Bosaso e Las Korey, nel nord della Somalia, i due giornalisti avevano svolto numerose interviste sul traffico di armi e rifiuti tossici tra Italia e Somalia coperti da attività finanziate dalla cooperazione internazionale italiana. A sostenere l'accusa alcuni documenti, raccolti dai giornalisti Andrea Palladino e Luciano Scalettari. Si tratta di dispacci del SIOS – servizio informazioni operative e situazione – un'articolazione dei servizi segreti italiani, che chiedeva, pochi giorni prima della morte di Alpi e Hrovatin, a Jupiter e ad un'altro agente, indicato con nome in codice Condor, di spostarsi nella zona di Bosaso e Las Korey, per attività urgenti a causa di "presenze anomale". Giuseppe Cammisa, in arte Jupiter, non è mai stato ascoltato dai magistrati italiani e nemmeno dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul duplice omicidio. A trovare Jupiter fu proprio Fanpage.it, nel 2016 in Ungheria a pochi chilometri da Budapest, dove oggi lavora come responsabile di un grande centro di noleggio camion. Jupiter al tempo riferì più versioni contraddittorie di quei giorni del marzo 1994 precedenti alla morte dei due giornalisti. Giuseppe Cammisa fu accusato e incarcerato per l'omicidio di Mauro Rostagno, ma la sua posizione fu successivamente archiviata. Sempre Cammisa nel 1993 fu fermato a Malta a bordo di un veliero di proprietà della comunità Saman per traffico di stupefacenti. E' lui la cerniera più evidente che lega il caso Alpi ed il caso Rostagno e lo avevamo mostrato in tutta la sua evidenza già tre anni fa.

Il traffico di armi ed il legame con l'omicidio Rostagno

Mauro Rostagno fu ucciso nel 1988 in provincia di Trapani ad Erice, da lì a poco avrebbe dovuto raccontare ad una televisione privata gli affari di mafia e massoneria sul territorio. Cosa aveva scoperto Rostagno? Probabilmente si trattava di un traffico di armi internazionali. Per quell'omicidio anche in appello è stato condannato il boss Vincenzo Virga, che agì secondo i giudici su ordine di Matteo Messina Denaro. Manca però l'esecutore materiale dopo la recente assoluzione dell'imputato Vito Mazzara. Rostagno lavorava anche nella comunità Saman, la stessa dove lavorava ed aveva assunto un ruolo di primo piano Giuseppe Cammisa detto Jupiter. A pochi chilometri dalla sede della comunità Saman, c'era il centro "Scorpione" di Gladio che era dotato di una pista di decollo e atterraggio degli aerei. Secondo le fonti interne di Gladio raccolte da Fanpage.it, è possibile che Rostagno avesse scoperto le attività del centro Scoprione. La presenza del centro Scorpione come base operative di Gladio in Sicilia, emerse già nell'inchiesta su Gladio condotta dal giudice Felice Casson, che avrebbe dovuto interrogare anche Vincenzo Li Causi, nome in codice Vicari. Li Causi, era un agente di punta del SISMI, il servizio segreto militare italiano, appartenente alla VII Divisione, una delle più chiacchierate della nostra intelligence, che fu sciolta nel settembre del 1993, un mese dopo la strage di via Palestro a Milano. Dopo lo scioglimento della VII Divisione Li Causi fu rimandato in Somalia per conto della III divisione del SISMI. Come raccontò l'ex gladiatore a Fanpage.it, Vincenzo Li Causi era legatissimo ad Ilaria Alpi di cui ne era fonte giornalistica e fu anche l'addestratore della nostra fonte presso il centro Scorpione. Li Causi morì il 12 novembre 1993 in Kenya al confine con la Somalia, durante una battuta di caccia in circostanze misteriose. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto fare rientro in Italia per essere ascoltato dal giudice Casson sulle attività del centro Scorpione. Le attività del centro Scorpione e l'omicidio di Vincenzo Li Causi sono un ulteriore cerniera che lega la morte di Ilaria Alpi con quella di Mauro Rostagno.

La zona d'ombra dei servizi segreti italiani

Ma oltre al ruolo di Giuseppe Cammisa "Jupiter" e il ruolo (e l'uccisione) di Vincenzo Li Causi "Vicari" ci sono altri tasselli che legano la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ad una sequela di delitti e traffici illeciti che hanno l'Italia come base di partenza e la Somalia come base operativa. Insieme a Jupiter nel carteggio del SIOS che chiede agli agenti segreti di recarsi a Bosaso per presenze anomale nei giorni in cui erano presenti in zona Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, appena quattro giorni prima del duplice omicidio, c'era anche l'agente Condor, che potrebbe essere Marco Mandolini, maresciallo del Col Moschin, gruppo d'elite dell'esercito italiano, capo scorta del generale Loi, il capo della missione militare italiana in Somalia, e vicino ai servizi segreti. Mandolini fu ucciso in circostanze mai chiarite a Livorno nel 1995 con 40 coltellate, lungo la ripidissima scogliera del Romito, dopo essere rientrato dalla Somalia ed aver prestato servizio in Germania. L'ennesimo omicidio di una catena che tiene dentro Rostagno ('88), Li Causi ('93) e Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ('94) ed appunto Mandolini (95). Il gip Andrea Fanelli ha dato indicazioni alla Procura rispetto alla direzione da dare alle indagini. Innanzitutto la sentenza di primo grado dell'omicidio di Mauro Rostagno. Gli avvocati di parte, tra cui l'ex giudice Carlo Palermo, hanno chiesto di acquisire anche la sentenza del processo trattativa Stato-Mafia. In quel processo sono emersi elementi inquietanti sulle attività dei servizi segreti italiani, sia legate alle stragi del 1993 in Italia con le bombe di Firenze, Milano e Roma e sia sulle attività all'estero. In particolar modo sono emerse le attività della sezione K, una non meglio specificata articolazione dei servizi segreti italiani che avrebbe partecipato a missioni poco chiare. Nell'intreccio tra gli uomini di quel gruppo e le misteriosi morti, compresa quella dei due agenti segreti Li Causi e Mandolini, potrebbero esserci elementi ulteriori per fare luce sulle morti di Mauro Rostagno, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. È inutile dire che nessuno dei protagonisti di questa vicenda sia mai stato ascoltato da giudici romani.

Quando tre anni fa lavorammo all'inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, trovando Giuseppe Cammisa Jupiter e facendo emergere i legami con la morte di Mauro Rostagno e quella di Vincenzo Li Causi, eravamo fiduciosi nel fatto che la magistratura e la politica avrebbero mosso dei passi. A distanza di tre anni, dopo la decisione del gip Andrea Fanelli confidiamo nella possibilità di fare luce su uno dei periodi più bui della storia del nostro paese.

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