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Caro Dado, le minacce dei Casamonica sono un’opportunità

Le minacce dei Casamonica al comico Dado per una semplice canzoncina irriverente pubblicata su Facebook ci dicono che la risata funziona e che i clan esistono grazie al generale timore reverenziale. Ma portano anche una buona notizia: ognuno con poco potrebbe risultare fastidioso. E se lo facessimo tutti la mafiosità non sarebbe esibita ma nascosta come una malattia di cui vergognarsi.
A cura di Giulio Cavalli
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Questa volta è toccato a Dado trovare il tasto della "risata giusta" che ha fatto infuriare i Casamonica e i loro social servetti. Il comico ha "riscritto" una celebre canzone per sbertucciare il patetico funerale che il clan ha inscenato a Roma con la grottesca esibizione di elicotteri, carrozza e petali di rose. Ora, stanne certo caro Dado, saranno tutti in fila indiana a dirti con il ditino alzato che è "troppo rumore per nulla" e che la mafia non si sconfigge con la risata. Loro, i mafiosi incazzosi, nel loro angolo e i saputelli in piedi sulle scrivanie. Mentre tu probabilmente ti chiederai quale sia la tua colpa nell'avere fatto comunque il tuo mestiere.

Se il clan perde la testa per un comico c'è un'ottima notizia da cogliere subito: la risata, dopo secoli d'uso, funziona ancora per sbriciolare il finto onore di chi ha bisogno di paura generalizzata per continuare a pascolare, basta smutandarli in pubblico per fare cadere il velo di paura che garantisce un'autorità costruita sulla vigliaccheria degli altri. Sì, perché i Casamonica (ma succede dappertutto con famiglie di origini e cognomi diversi) li creiamo noi, tutti i giorni, mentre abbassiamo il tono della voce nel pronunciarne il cognome, mentre crediamo che valga la pena cedere un pezzetto di diritti per non avere problemi oppure quando non ne vogliamo sapere e allora li lasciamo agli altri come se non fosse una cosa che ci riguarda.

In un mare di vigliaccheria generalizzata ecco allora che Dado diventa così potente, efficace e disturbante. Sarebbe da chiedersi, da chiederci, per quanti anni ancora avremo bisogno di scoprire che la satira è un antidoto alle prepotenze ma non può permettersi di essere usata con cautela: siamo il Paese dello spettacolo eppure fatichiamo a trovare una nutrita schiera di artisti che abbia con le mafie (o presunte tali, prepotenze in generale) la stessa sicumera e gagliardia sfoggiata contro il Papa, Maometto o il Presidente del Consiglio. Celebriamo Peppino Impastato ma consideriamo "solo un comico" chi ci racconta il crimine senza i soliti addensanti epici che funzionano così bene in prima serata. "La mafia è una montagna di merda" scrivono tutti sulle proprie bacheche Facebook mentre mai una volta che sia una che esca un nome e un cognome, mai una volta che si indichi qualcuno: tutti forti contro la mafia ma poi zitti sui mafiosi.

Il funerale dei Casamonica non è solo un caso politico ma è anche (e forse soprattutto) uno sfregio a cui va data una risposta culturale. E' l'affermazione di una prepotenza esibita con compiacimento a cui bisogna rispondere tutti, ognuno con le proprie professionalità e sensibilità: il funzionario del Comune ha l'obbligo di vigilare, il politico ha il dovere di alzare la voce ma anche la maestra può smitizzare, il fruttivendolo indignarsi pubblicamente e il comico far ridere. Se basta una canzoncina allora significa che tutti hanno un'arma a disposizione, che basterebbe poco, che basterebbe essere in tanti.

Ci interessano le minacce o i minacciati? Dobbiamo scegliere. Abbiamo bisogno di eroi solitari o di una cittadinanza quotidianamente "eroica" contro le prevaricazioni? Nel primo caso avremo un rifornimento continuo di paladini prêt-à-porter mentre se davvero ciascuno facesse il suo ci sarebbe meno epicità ma uno zoccolo sociale più difficile da impaurire. E, pensateci, sarebbe bellissimo trasformare la mafiosità in un vizio da nascondere, una malattia di cui vergognarsi, un'appartenenza squalificante in ogni situazione.

Un comico minacciato è anche un monito per gli operatori culturali: se la risata è un'eccezione significa che l'opposizione culturale ancora non basta, non ce n'è abbastanza, facciamo troppo poco. Ma significa anche che lo spazio è tanto, che c'è una pianura sconfinata da percorrere con la parola, con l'ironia, con la satira arguta e con la spensieratezza obbligatoria per i giullari. Oggi rimane il dubbio che alla fine abbiamo rischiato con la cronaca del funerale di dare corpo a un mito ma siamo sicuri che prenderli per il culo sicuramente li innervosisce. E' un fatto. E' un'opportunità. Pensiamoci.

Intanto un abbraccio a Dado.

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