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News sui carabinieri arrestati a Piacenza

Carabinieri arrestati a Piacenza, com’è nata e operava “l’associazione a delinquere”

Tutto quello che c’è da sapere sull’operazione Odysseus condotta dalla Guardia di Finanza e che ha portato al sequestro della caserma Levante di via Caccialupo a Piacenza e all’arresto di sei carabinieri: dall’avvio dell’indagini grazie alla gola profonda di un ex collega e alle dichiarazioni di un super testimone, ai reati commessi e ricostruiti grazie alle intercettazioni, dallo spaccio di droga alle torture.
A cura di Ida Artiaco
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Non era mai successo in Italia che una caserma dei carabinieri finisse sotto sequestro da parte dell'autorità giudiziaria e che ben sei militari fossero arrestati per reati pesantissimi, dallo spaccio di droga alla tortura, dall'estorsione alle lesioni personali, tutti commessi dal 2017 ad oggi. È invece quanto ha portato alla luce l'operazione Odysseus all'interno della caserma Levante di via Caccialupo a Piacenza. Al termine di mesi di indagini condotte dalla Guardia di Finanza per conto della Procura della Repubblica della città emiliana, si è potuto ricostruire la presenza di una vera e propria organizzazione criminale, di cui facevano parte Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo, Marco Orlando e Stefano Bezzeccheri, che non solo si occupavano della vendita di stupefacenti, anche durante il lockdown per l'emergenza Coronavirus mentre proprio Piacenza, tra le città più colpite dalla pandemia, piangeva i suoi morti, ma che si scagliavano con violenza inaudita contro cittadini innocenti. Altri quattro colleghi sono stati sottoposti a misure cautelari di altro genere. A loro si aggiungono altre 12 persone coinvolte nell’inchiesta: 7 sono state arrestate, 4 sono ai domiciliari e una è libera. Ecco tutto quello che c'è da sapere sulle scandalo di Piacenza.

Come è nata l'operazione Odysseus a Piacenza

La notizia del sequestro della caserma Levante e dell'arresto dei carabinieri è arrivata il 22 luglio, al termine di serrate indagini durate sei mesi. Tutto è partito da un militare che, durante una testimonianza alla polizia locale per un’altra inchiesta, aveva fatto riferimento a dei fatti accaduti in quella che è stata ribattezzata "la caserma degli orrori" e che gli erano stati raccontati da un uomo picchiato dai carabinieri. Uno di loro era stato riconosciuto e "individuato nel corso di un’altra indagine per droga, a bordo di un’auto con alcuni spacciatori al casello di Milano sud in piena chiusura da Coronavirus. A quel punto erano scattate le intercettazioni telefoniche che avevano rivelato una realtà raccapricciante" e "reati impressionanti se si pensa che siano stati condotti da militari", come ha affermato il neo procuratore Grazia Pradella, che ha addirittura dichiarato che "non c'è stato niente di lecito in quella caserma". A inchiodare i militari, dunque, è stato un super testimone, un ex informatore che ha fatto dichiarazioni fondamentali.

Le intercettazioni: "Noi siamo irraggiungibili"

Sono state proprio le intercettazioni telefoniche e telematiche ad incastrare i militari coinvolti dell'inchiesta. Merito del captatore informatico installato sui loro dispositivi, un trojan, che aveva dato all'autorità inquirente l'accesso alle foto e alle conversazioni audio della compagnia, nonché i materiali e le prove già forniti dal testimone a R. P., ex militare alla Levante e attualmente comandante della caserma dei carabinieri di Cremona, la gola profonda che ha denunciato i suoi ex colleghi con la collaborazione dell'ex informatore. Il sistema ruotava intorno allo spaccio di droga sequestrata agli spacciatori o direttamente acquistata e rivenduta attraverso una rete di intermediari alle dipendenze dei carabinieri stessi. Negli atti dell’ordinanza d’arresto vengono riportate proprio alcune frasi estratte dalle intercettazioni fra gli indagati, che ben rappresentano il tipo di organizzazione che avevano messo in piedi. In una di queste un militare dice: "Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) in poche parole abbiamo fatto una piramide (…) noi siamo irraggiungibili", aggiungendo: "Abbiamo trovato un’altra persona che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice: "Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori" e la roba gliela diamo noi!". Significativo anche un passaggio in cui uno degli indagati fa riferimento alla serie tv Gomorra, ispirata all'omonimo best seller di Roberto Saviano. "Non hai capito? …Hai presente Gomorra? Le scene di Gomorra. Guarda che è stato uguale! …ed io ci sguazzo con queste cose! Tu devi vedere che schiaffoni gli ho dato".

Come i carabinieri spacciavano e custodivano la droga

L’elenco dei reati commessi dai carabinieri della caserma Levante è lunghissimo e, come ha sottolineato il procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella, colpisce che siano stati commessi per lo più durante il lockdown e in una zona, Piacenza appunto, duramente colpita dal Covid-19. "A me interessa l’erba, l’importante è che ho l’erba, a me interessa di averla sempre", si legge in una delle intercettazioni in cui è protagonista uno dei miliari. Sempre lo stesso carabiniere, l'appuntato Montella in un’altra conversazione captata grazie a una microspia installata in auto afferma: "No fumo che cazzo te ne frega, a noi l’importante è l’erba, io l’erba non posso fare a meno". Ma come avveniva la vendita e lo spaccio di droga?. È sempre Montella a spiegarlo in un'altra intercettazione: "Questi qua che dobbiamo fare, li dobbiamo mettere in garage?", dice al pusher riferendosi alla droga, il quale replica: "Sì, un po’ te li lascio a te, magari se me li tieni tu". Risposta del carabiniere: "Si, si, me li tengo io, ho il garage".

A marzo, quando l’Italia era interamente bloccata a causa della pandemia, i carabinieri di Piacenza si muovevano come se nulla fosse. Anzi, fornivano autorizzazioni per gli spostamenti ai loro fornitori che in questo modo potevano raggiungere senza problemi la piazza di Milano per comprare la droga. "Vabbè senti a me ascolta me, tu prendi questo, tanto v’ho messo il timbro", dice il carabiniere. Era il 17 marzo quando l'autocertificazione è stata consegnata davanti alla stazione dei carabinieri di Piacenza Levante e il 19 marzo il galoppino è tornato con 3 chili di marijuana trasportati con la stessa auto con cui era partito. Come riferito dal super testimone, che con le sue dichiarazioni ha fatto inchiodare i carabinieri "infedeli", lui stesso era stato scelto come informatore perché aiutasse Montella, secondo quanto ricostruito dalle 326 pagine di ordinanza firmate tre giorni fa dal Gip Luca Milani, a mettere a segno arresti e sequestri ‘facili' di stupefacenti che poi finivano nelle cosiddetta ‘scatola della terapia‘, una riserva da di droga che lui stesso e i colleghi distribuivano a titolo di ricompensa, nella misura pattuita del 10 per cento rispetto al totale sequestrato, agli informatori che lo avevano aiutato.

I pestaggi e le percosse a innocenti

Nell'ordinanza di arresto si fa riferimento anche al pestaggio di un cittadino arrestato ingiustamente e accusato di spaccio di droga attraverso prove false, costruite ad arte per poter giustificare l’arresto. Addirittura, nell'intercettazione a cui si fa riferimento nel contenuto multimediale, uno dei presenti avrebbe detto al militare: "Basta, basta sennò lo ammazzi", dopo aver sentito chiaramente i lamenti di un uomo che veniva maltrattato, forse perché continuava a spacciare al di fuori del loro controllo. Dai telefoni intercettati sono state estratte anche delle fotografie contenenti dei selfie con le persone maltrattate. In una intercettazione, si sente un carabiniere dare ordine agli altri di ripulire dopo un pestaggio. E po ancora, sempre dalle intercettazioni: "Figa, sono entrato attrezzato, uno si è pisciato addosso, nel senso proprio pisciato addosso (…). L’altro mi ha risposto e l’ho fracassato", riferendosi al titolare di un concessionario per farsi vendere un’auto a un prezzo molto più basso di quello richiesto.

L'orgia in caserma e la grigliata durante il lockdown

Uno degli ultimi particolari emersi dalle 326 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Piacenza Luca Milani nell’ambito dell’operazione Odysseus riguarda un’orgia che si sarebbe svolta in un ufficio del Comandante, Marco Orlando, sempre nella caserma Levante. A parlarne sono due tra gli arrestati, Giuseppe Montella e Salvatore Cappellano "che commentano un episodio che aveva visto come protagonista un collega in onore del quale, forse in concomitanza con una ricorrenza, era stata organizzata una serata all’interno della caserma alla presenza di due donne, presumibilmente escort, con le quali erano stati consumati rapporti sessuali". Nell'ordinanza, si legge ancora una volta, "alla descrizione traspare ancora una volta il totale disprezzo per i valori della divisa indossata dagli indagati, metaforicamente gettata a terra e calpestata, come quella del loro Comandante durante il festino appena rievocato". Ancora, è venuto fuori dall'indagine che durante il periodo di lockdown sempre l'appuntato Montella aveva organizzato una festa a casa sua per il giorno di Pasquetta, in barba alle regole anti-Covid vigenti all'epoca. Una vicina ha chiamato i carabinieri che, una volta arrivati, non solo non sono intervenuti e si sono scusati con il collega, ma gli hanno fatto sentire la registrazione della telefonata, poi cancellata, per permettergli di individuare chi aveva segnalato la festa.

Interviene anche la Procura militare

L'operazione Odysseus sta avendo risvolti non solo a livello penale. Anche la Procura militare ha aperto un fascicolo. Sul fatti è intervenuto anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. "Il Comandante Generale Nistri – ha dichiarato – mi ha confermato di aver immediatamente assunto tutti i provvedimenti possibili e consentiti dalla normativa vigente nei confronti del personale coinvolto. Sono fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l’immagine dell’Arma, che invece è composta da 110.000 uomini e donne che ogni giorno lavorano con altissimo senso delle Istituzioni al fianco dei cittadini. Sono loro il volto della legalità, a ciascuno di loro oggi esprimo la più profonda riconoscenza e vicinanza".

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