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Calabria, proteste contro la zona rossa, carabiniere ferito: “La sanità? Se la sono mangiata”

La Calabria è zona rossa. Commercianti, artigiani e tanti cittadini scendono in piazza per protestare contro il lockdown. Centinaia i manifestanti a Reggio Calabria, dove un carabiniere è stato ferito dopo il lancio di un sasso: “Lo Stato ha sbagliato, noi non abbiamo nessuna colpa, questa è una dittatura”.
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A cura di Dominella Trunfio
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«Non è possibile che lo Stato ci privi della nostra libertà, la sanità se la sono mangiati loro. Questa è una regione che è stata dichiarata zona rossa senza motivo, abbiamo meno malati di Covid-19 della Campania». Non si placano le proteste a Reggio Calabria dove centinaia di cittadini sono scesi in piazza (prima della mezzanotte che apre ufficialmente il lockdown) contro la decisione del governo di creare la zona rossa in Calabria più per motivi legati alle strutture ospedaliere che per numero di contagi.

«C'è un commissariamento da vent'anni, i nostri ospedali sono pieni perché ci sono gli extracomunitari che invadono i posti letto». Due le manifestazioni, una a piazza Duomo che ha avuto origine sui social, l'altra più accesa organizzata dai movimenti di destra. Proprio nella piazza dove convergono Comune, Prefettura e Città metropolitana sono state lanciate quattro bombe carta e un carabiniere è rimasto lievemente ferito all'orecchio da una pietra.

Un'onda di gente, tutti in mascherina, ma con poco distanziamento sociale. «Lo Stato ci sta facendo morire, ai nostri figli cosa diamo da mangiare? Questa è una regione che lo Stato ha dichiarato rossa, senza nessun motivo», gridano i manifestanti. La Calabria da oggi ha restrizioni massime insieme a Lombardia, Piemonte e Valle D’Aosta, è vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori e all’interno salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute. Sospese anche tutte le attività cosiddette non essenziali.

«Lo Stato, con questa zona rossa, ha certificato il suo fallimento, la colpa non è nostra, ma loro», dicono ancora. Tra i più moderati, c'è chi spiega ad ampio raggio il problema sanità in Calabria. «Non ce l'abbiamo con il governo in sé, ma con quella parte che ha permesso ai referenti della sanità calabrese di fare scomparire 86milioni di euro che dovevano servire per potenziare
i posti letto in terapia intensiva». Tante promesse e nessuna mantenuta. «Dicevano che avrebbero creato 440 posti letto e dove? Abbiamo un ospedale con tre reparti chiusi e un Policlinico privato, ma inagibile. Tutti questi soldi che fine hanno fatto?».

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