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Bossetti: “Voglio uscire dal carcere a testa alta, non sono Ignoto 1, non ho mai visto Yara”

L’avvocato di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio: “Il suo è stato il processo delle anomalie e delle zone d’ombra e gli inquirenti quello che non sono riusciti a ricostruire lo hanno bypassato”. Salvagni dice che il muratore è molto positivo, sostiene che i nuovi esami attesteranno che quel Dna che lo ha portato in carcere con l’accusa di essere l’assassino di Yara non è il suo.
A cura di Susanna Picone
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“Non sono Ignoto 1, non ho mai visto Yara Gambirasio”: a continuare a dirsi innocente dal carcere è Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso la ragazzina di Brembate Sopra (Bergamo) trovata morta in un campo tre mesi dopo la scomparsa del novembre del 2010. A parlare di Bossetti è il suo avvocato Claudio Salvagni, intervistato da Cusano Italia TV. "Massimo Bossetti è molto contento, molto positivo, e ha detto ‘io continuo a credere nella giustizia, voglio uscire da quel portone del carcere, a testa alta e soprattutto voglio uscire non per un cavillo giuridico perché i miei avvocati hanno trovato magari i cavilli giusti, ma voglio uscire perché i nuovi esami attesteranno che quel DNA non è il mio, io non sono Ignoto-1, io non ho mai visto, mai toccato e tanto meno ucciso Yara Gambirasio’”, le parole del legale che ha aggiunto di essere fiducioso di poter arrivare a una revisione del processo “perché crediamo fermamente nel nostro lavoro e nell’innocenza di Massimo Bossetti e crediamo inoltre che, nel momento in cui ci verrà definitivamente data la possibilità di fare questi esami, gli stessi esami ci daranno ragione".

Cassazione accoglie il ricorso di Bossetti sull'esame dei reperti

A gennaio la Cassazione ha accolto il ricorso della difesa di Bossetti: annullate con rinvio le ordinanze con cui la Corte d'Assise di Bergamo aveva dichiarato inammissibile la richiesta degli avvocati di accedere ai reperti, tra cui 54 campioni di Dna e gli abiti della vittima. La parola torna ai magistrati di Bergamo che dovranno nuovamente pronunciarsi sulla possibilità di accedere agli atti. L'esame dei reperti in questione è funzionale al progetto di presentare la richiesta di revisione della sentenza che ha condannato il muratore all'ergastolo.

"Bossetti e Yara non si sono mai visti, non si conoscevano"

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Secondo l’avvocato Salvagni, è una questione di tempo e di procedure “ma il risultato positivo io lo vedo più vicino che mai”. L’avvocato definisce quello al muratore di Mapello come il “processo delle anomalie e delle zone d’ombra” dove gli inquirenti “hanno bypassato” quello che non sono riusciti a ricostruire. “Come sul movente: voglio ricordare che nei processi indiziari il movente è importantissimo perché è il collante che tiene insieme tutti gli indizi. E nel caso specifico sono le sentenze che lo dicono: manca un movente. È un caso oggettivo che Massimo Bossetti e la povera Yara non si sono mai visti, mai incontrati, non si conoscevano”, ha aggiunto ancora Salvagni. L'arresto di Massimo Giuseppe Bossetti risale al 16 giugno 2014, circa 4 anni dopo il caso Yara: il muratore, incensurato, è stato identificato grazie a un'indagine genetica condotta confrontando il Dna del killer con quello della popolazione maschile della Bergamasca.

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