Bimbo annega nel lago, la famiglia colpevole per “omessa vigilanza”: risarcimento da restituire

Emanuele aveva solo 12 anni quando, il 17 luglio 2003, perse la vita nel lago di Santa Croce, in provincia di Belluno. Non sapeva nuotare. Quel giorno, come tanti altri, era uscito per giocare. Ma le acque del lago, rese torbide e insidiose dai lavori in corso dell’Enel, lo risucchiarono in una pozza di melma.
Morì così, in una spaventosa agonia, intrappolato in un fondale di fango dove prima c’era acqua, e dove da giorni venivano effettuati prelievi per motivi tecnici. Non c’erano cartelli di pericolo. Nessun avviso. Solo un silenzio che ha inghiottito un bambino.
Da allora sono trascorsi 22 anni e ben cinque gradi di giudizio. Dopo la tragedia, il Tribunale riconobbe ai familiari un risarcimento di 400mila euro alla madre Maria Vittoria e 200mila ai nonni, sottolineando l’assenza di segnalazioni e il pericolo non evidenziato. Fu riconosciuto anche un "danno da agonia", passato in seguito da 20mila a 50mila euro.
Un’agonia vera, riconosciuta nero su bianco nei tribunali. Ma questo non è bastato.
La Corte d’Appello ribaltò la decisione. Secondo i giudici, la madre aveva una responsabilità nella tragedia: non avrebbe vigilato abbastanza sul figlio. Un "concorso di colpa" del 20% attribuito sia al bambino che alla madre. La famiglia Costa, distrutta dal dolore, presentò ricorso. Ma ora anche la Cassazione ha chiuso ogni spiraglio: il ricorso è stato rigettato e la decisione è diventata definitiva. Nessun’altra possibilità. Nessun altro appello.
"È un'evidente contraddizione – ha commentato l’avvocata Alessandra Gracis – che ritengo inaccettabile. Si riconosce l’agonia, ma si scarica una parte di colpa su un bambino e su una madre. La famiglia è distrutta e questa sentenza ci lascia senza parole. Quel 20% restituito sa tanto di contentino per tutti i soggetti coinvolti".
Ora, alla madre e ai nonni è stato intimato di restituire una parte del risarcimento, pari al 20% di quanto ricevuto, a Enel, Comune di Alpago e Generali Assicurazioni. Una cifra importante, ma soprattutto un colpo morale difficile da accettare.
A seguito della morte di Emanuele, furono finalmente installati dei cartelli di pericolo nella zona del lago e lungo la statale 51 di Alemagna, per evitare che simili tragedie potessero ripetersi. Eppure, nell’agosto 2024, l’incubo è tornato: una donna di 47 anni, di origini vietnamite, è morta annegata nello stesso lago, ignorando quegli stessi avvisi. I soccorsi sono arrivati, ma non in tempo: il decesso è avvenuto poche ore dopo all’ospedale San Martino di Belluno, a causa dei danni cerebrali.
Due vite spezzate nello stesso specchio d’acqua. Due drammi che lasciano una sola domanda: quanto davvero grave deve essere una tragedia prima che venga davvero ascoltata?