Auto nel fiume Sile a Jesolo, ancora gravissimo il bimbo di 5 anni a bordo, indagata la mamma

Restano stabili, ma ancora molto gravi, le condizioni del bambino di 5 anni salvato ieri a Jesolo (Venezia) dall’auto della madre finita nel fiume Sile. Il piccolo, rimasto per circa venti minuti sott’acqua, bloccato dalle cinture del seggiolino, è ricoverato nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’ospedale di Padova. Nessun bollettino ufficiale è stato diffuso, ma fonti sanitarie citate dall'ANSA confermano che la lunga assenza di ossigeno ha causato lesioni potenzialmente irreversibili: solo nei prossimi giorni sarà possibile valutare i danni neurologici e le possibilità di recupero.
La madre, una 38enne moldava, è indagata per lesioni colpose. Un atto definito "dovuto" dalla Procura, per permetterle di nominare eventuali consulenti di parte. Al momento dell’incidente, la donna viaggiava su una Daewoo Kalos insieme al figlio e alla figlia maggiore di 12 anni. All’altezza del bivio tra via Piave Vecchio e via Adriatico, ha perso il controllo del mezzo, che ha sfondato l’argine ed è precipitato nelle acque del Sile, inabissandosi in pochi istanti. Madre e figlia sono riuscite a risalire in superficie, ma il bambino è rimasto intrappolato nell’abitacolo, recuperato solo grazie all’intervento dei sommozzatori dei vigili del fuoco, a sette metri di profondità.
Il racconto del primo soccorritore
Tra i primi a tentare di raggiungere il veicolo è stato Lotfi Kachroud, cuoco tunisino residente a Mestre. Intervistato da Il Gazzettino, ha raccontato: "Ho visto l’auto piombare in acqua: in pochi secondi era scomparsa, completamente inghiottita dal fiume. Ho capito subito cosa stava succedendo. Ho chiesto all’autista di fermare il bus e sono sceso di corsa: mi sono tolto le scarpe e mi sono tuffato".
Il 38enne era in gita verso la spiaggia con la moglie, i tre figli e la suocera. "Ho visto due donne uscire dall’acqua. Dicevano che dentro la macchina c’era un bambino. Ho capito poco dopo che una era la mamma e l’altra la sorella più grande. Ho agito d’istinto: mi sono tuffato, ho cercato di raggiungere l’auto per liberare il piccolo. L’acqua però era molto profonda e non ci sono riuscito".