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Assolto ma l’avvocato muore e nessuno lo avverte, 49enne rimane ai domiciliari per due anni

Per una serie di disguidi burocratici, nessuno aveva trasmesso l’ordine di esecuzione del Tribunale, poi l’avvocato era morto e il 49enne palermitano, dichiarato incapace di intendere e volere, non sapeva nulla.
A cura di Antonio Palma
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Un 49enne palermitano è rimasto agli arresti domiciliari per circa due anni solo perché il suo avvocato era morto e nessuno si era preoccupato di avvertitelo che ben due sentenze avevano disposto la sua liberazione. L’incredibile vicenda giudiziaria vede protagonista un 49enne siciliano che, dopo un’accusa di stalking, era diventato destinatario di una misura di custodia cautelare ai domiciliari nella sua abitazione di Giardinello, nel Palermitano.

Nel maggio di due anni fa, per lui era arrivato il processo di primo grado e l’assoluzione per incapacità di intendere e volere con relativa sentenza del giudice che aveva disposto per lui la misura di sicurezza del ricovero in una struttura assistita. Per una serie di disguidi burocratici, però, nessuno aveva trasmesso l’ordine di esecuzione del Tribunale né trasferito l’imputato in una struttura assistita.

Cosa ancora più incredibile è che nemmeno la sentenza di appello, nell’ottobre di due anni fa, aveva cambiato la situazione. I giudici avevano confermato la sentenza di primo grado ma nel frattempo il legale era morto e nessuno aveva avvertito il quarantanovenne che è rimasto quindi ai domiciliari. Lì sarebbe rimasto probabilmente se qualcuno non avesse segnalato la situatone di degrado in cui l’uomo viveva.

La scoperta infatti è avvenuta quasi per caso quando i carabinieri sono stati chiamati a intervenire nella casa di campagna in cui l’uomo viveva in condizioni disagiate. I militari hanno scoperto così la situazione dell'uomo e chiesto un avvocato di ufficio. Alla fine l’uomo è tornato in libertà solo alla fine di maggio grazie a nuovi legali che ora stanno valutando eventuali azioni giudiziarie contro il Ministero della Giustizia per il risarcimento dei danni.

“Si tratta di una vicenda umana che evidenzia quanto sia importante il ruolo del difensore nel processo” spiegano i legali, aggiungendo: “Abbiamo ricostruito l’iter della posizione giuridica del soggetto con la collaborazione delle cancellerie e il pm ha immediatamente disposto la scarcerazione perché non vi era più alcun titolo che potesse giustificare il regime coercitivo al quale era sottoposto”.

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