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A 32 anni ho cominciato a leggere storie illustrate per bambini (grazie a mia figlia)

Avere una figlia e scoprire, grazie a lei, il mondo incredibile delle storie illustrate per bambini. Racconti che parlano di amicizia, amore, uguaglianza, ma per nulla smielate, anzi, come nella migliore tradizione favolistica, con un pizzico di cinismo che piace ai piccoli e anche ai grandi.
A cura di Francesco Raiola
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Prendete uno che a 32 anni non ha mai letto un libro illustrato per bambini. Uno che è lo stesso che non ha mai prestato molta attenzione ai fumetti (a parte i Topolino e sporadici Dylan Dog) e alle graphic novel, finché improvvisamente rinsavisce e si rende conto che ha da recuperare almeno un paio di decenni di disegni e storie incredibili. Rinsavire, chiaramente, vuol dire avere una figlia.

È stato quello il momento – anzi, qualche mese prima – in cui ho pensato che avrei voluto leggerle delle storie. Casa mia non è mai stata una casa che se ne cadeva di libri, il che significa poco, visti i miei e la mia educazione, ma volevo raccontare delle storie a mia figlia, volevo che cominciasse ad avvicinarsi a questo mondo, al racconto fin da piccola. Non ho letto libri di psicologia infantile etc, ma so per certo che le storie non possono far male e lo so per esperienza diretta, lo so perché a me hanno fatto sempre bene. “Io voglio raccontare e che mi si racconti, perché anche il poco che sappiamo è meglio di niente” canta un giovane cantante italiano ed ha ragione, perché ascoltare storie apre la mente. Una volta c'era il padre di un amico, una persona fantastica a cui voglio un gran bene, che mi chiedeva perché leggessi, che ne avrei fatto di tutti quei libri (credo intendesse storie) e la risposta è semplicemente nella possibilità di scoprire, nella bellezza delle storie, nel vivere cose che non vivremo mai o riconoscersi in storie che viviamo quotidianamente, nella possibilità di far andare la fantasia sempre un po' più in là. Ecco, io questa cosa l'avevo sempre vissuta con le parole (e con le immagini in tv, certo), ma a un certo punto sono entrato in libreria e mi sono avvicinato allo scaffale dei libri per i bambini e ho capito che esiste un mondo che mi ero precluso. Un mondo fatto di immagini fantastiche e storie ancora più belle.

Perché finché non godrete delle storie e dei disegni di Suzy Lee, Oliver Jeffers, Jon Klassen, Silvia Borando ma anche di Neil Gaiman e Dave McKean – fare una lista è sempre fare un torto a chi non ne è incluso – è impossibile riuscire a capire quello di cui si sta parlando.

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Editori dedicati e collane

Pian piano, insomma, ho cominciato a entrare nel mondo immenso della letteratura per bambini, quella fatta soprattutto di immagini e poche parole che condensano, spesso alla grande, storie fantastiche fatte di amicizia, soprattutto, di uguaglianza e standardizzazione (sic), amore, viaggio, diversità, separazioni e tutto ciò di cui è giusto parlare a un bambino (che non si discostano, nella sostanza, di ciò di cui è giusto parlare a un adulto). Ci sono illustratori davanti ai quali rimani a bocca aperta, editori che hanno cataloghi interamente dedicati, come la ZooLibri, Minibombo, Topi Pittori, Orecchio Acerbo, e altri che hanno collane dedicate, da Rizzoli a Bao, passando per Corraini, Donzelli e Terre di mezzo (ma elencarle tutte è impossibile).

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Superare il test dei figli

Così, un giorno, sono andato in libreria e ho cominciato a sfogliare libri, senza preparazione, lasciandomi trasportare dalle copertine, dai disegni, e ovviamente dalle storie. È stato in quel momento, ad esempio, che ho scoperto quelle del cappello di Klassens: “Voglio il mio capello” che ha come protagonisti un orso e un coniglio e “Questo non è il mio cappello” in cui a farla da padroni sono due pesci (e un granchio). Poi, col tempo ho scoperto le storie di Oliver Jeffers, quello di “Chi trova un pinguino” che racconta la storia d'amicizia tra un bimbo e un pinguino e “Quest'alce è mio” che mi ha fatto pensare alla voglia di raccontare anche il possesso, cosa che avevo visto svilupparsi in mia figlia poco prima, o Lastrade/Docampo de "La grande fabbrica delle parole". Ed è stata proprio mia figlia il test che questi libri hanno dovuto superare, ma soprattutto il test è stato capire quanta competizione vedesse tra il libro e la tv, che pure non guarda molto. Ovviamente sono due aspetti importanti, anche se direi che le storie disegnate hanno un fascino maggiore, forse perché sono uno dei momenti di totale intimità, l'attimo prima del sonno, quelle che riescono a tenerla attenta per qualche minuto prima di addormentarsi. Ed è bello vederla terminare le frasi, studiarne la difficoltà di dover scegliere ogni sera due, tre storie diverse tra le tante, alternandole ma lasciando sempre per ultima la sua preferita, guardarla interagire con loro (come succede per il “Libro cane” della MiniBombo, creato – e scelto – proprio per quello), fino alla richiesta di storie nuove, senza, però, mai abbandonare del tutto quelle vecchie.

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