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8 marzo, nel 2023 uccise già 18 donne: “Spirale della violenza parte dalla gelosia, chiedete aiuto”

L’intervista di Fanpage.it ad Anna Agosta, consigliera nazionale della rete dei centri antiviolenza D.I.RE. già sul palco del Festival di Sanremo insieme a Chiara Ferragni, in occasione dell’8 marzo: “Violenza contro le donne fenomeno costante, che si manifesta sotto forma di escalation. Il fenomeno sia trattato con politiche di prevenzione a partire dalle scuole materne”.
Intervista a Anna Agosta
consigliera nazionale della rete antiviolenza D.I.RE.
A cura di Ida Artiaco
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I casi di femminicidio in Italia solo nel 2022 sono stati 103, 61 dei quali avvenuti per mano del partner o di ex, e 34 da un genitore o da un figlio. Sono questi i numeri del fenomeno resi noti dalla Direzione centrale della Polizia criminale in occasione dell'8 marzo, giornata in cui si celebra la Festa internazionale di diritti delle donne.

E nei primissimi mesi del 2023 le cose non sembrano andare meglio. Da gennaio ad oggi, infatti, i casi di femminicidio sono stati già 18. "La violenza si verifica spesso sotto forma di escalation. Parte dalle gelosia, che diventa poi possesso e controllo e sfocia in scontro fisico, economico e sessuale", ha spiegato a Fanpage.it Anna Agosta, consigliera nazionale della rete antiviolenza D.I.RE.

"I centri antiviolenza sono presidi indispensabili per aiutare le donne a superare le violenze di cui spesso sono vittime e a denunciare", ha continuato Anna, salita insieme alle sue colleghe e a Chiara Ferragni sul palco del Festival di Sanremo 2023 proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema.

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Sulla base dei dati disponibili, quale è la situazione in Italia per quanto riguarda i centri antiviolenza?

"La nostra rete nazionale di centri antiviolenza è composta da 82 organizzazioni che gestiscono 106 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale e oltre 60 case rifugio, e che rappresentano un terzo di quelli presenti a livello nazionale censiti dal Dipartimento delle Pari Opportunità. Nel 2021 abbiamo accolto quasi 21mila donne. Il nostro è un dato in aumento del 3,5% rispetto al 2020, quando c'è stata la pandemia. I dati sono comunque più o meno costanti, perché il fenomeno è costante. Anzi.

Più i centri aprono, più la domanda aumenta. Molti di questi sono al Nord, parliamo del 75% dei centri della rete, i quali sono anche molto più sostenuti dalle istituzioni territoriali, mentre al Sud la situazione è molto più precaria. Tutto comincia con una telefonata che la vittima può fare ai nostri centri. Risponderà una operatrice specializzata in grado di fare una valutazione del rischio e dare informazioni legali. Poi, si attiva percorso al centro".

C'è una caratteristica costante nelle storie di donne che si rivolgono a voi?

"La dinamica è sempre la stessa. La violenza si verifica sotto forma di escalation: si parte spesso da una forte gelosia, che poi diventa possesso e controllo, a cui segue la violenza psicologica costante per poi arrivare all'attacco fisico, economico, sessuale. Si parte dunque da una relazione non paritaria tra uomo e donna, e spesso quest'ultima si ritrova in quella che viene definita una spirale della violenza da cui poi risulta difficile uscirne, anche perché una delle caratteristiche di queste situazioni è l'isolamento dalla rete amicale e familiare, per cui chiedere aiuto è difficile.

C'è però anche un altro dato, che potremmo definire positivo. In questi anni, l'età media delle donne che si rivolgono a noi si è abbassata, per cui circa la metà almeno ha tra i 30 e i 45 anni. Cioè significa che raggiungono una consapevolezza di ciò che sta succedendo molto prima rispetto a qualche anno, quando invece le vittime in cerca di aiuto avevano un'età media molto più alta, quindi chiamavano dopo anni di violenze".

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Dietro i numeri ci sono delle storie. Ce ne è qualcuna che l'ha colpita?

"Ce ne sono tante, di donne che grazie ai centri antiviolenza riescono a venirne fuori, perché trovano uno spazio in cui sono credute, in cui poter chiedere aiuto in assoluta riservatezza e ottenere supporto anche per intraprendere una azione giudiziaria. Il problema della violenza è di tutte le donne, nessuna dovrebbe ritrovarsi da sola ad affrontare questo percorso".

La rete D.I.RE. è interlocutrice delle istituzioni nazionali e internazionali, anche per l’elaborazione o la modifica della normativa relativa ai diritti delle donne. Cosa chiedete in occasione dell'8 marzo?

"Quello che noi chiediamo come rete di centri antiviolenza è un sistema uniforme in Italia perché ci sono livelli diversi, soprattutto al Sud la situazione è precaria. Si dovrebbero stabilizzare i finanziamenti che sono ancora troppo esigui.

Ma chiediamo con forza anche che il contrasto al fenomeno della violenza maschile sulle donne non sia trattato come fenomeno emergenziale ma come fenomeno strutturale, con politiche di prevenzione costanti, formazioni continua degli operatori, anche a forze dell'ordine, magistratura e servizi sociali, e percorsi di consapevolezza sin dalle scuole materne, perché parlare di parità è la via da seguire. Ancora oggi gli interventi sono pochi, i finanziamenti non sono stabili e spesso i centri antiviolenza, considerati presidi indispensabili, sono costretti a chiudere".

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