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150 anni fa nasceva Luigi Pirandello: tre opere, per riscoprire il padre dell’Umorismo

I tormenti dei suoi personaggi sono, ancora oggi, profondamente attuali. Dal teatro alle novelle: tre opere da rileggere assolutamente per riscoprire la voce di Luigi Pirandello.
A cura di Federica D'Alfonso
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Luigi Pirandello (1867-1936)
Luigi Pirandello (1867-1936)

Il 28 giugno di 150 anni fa nasceva, ad Agrigento, Luigi Pirandello. Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Pirandello non è stato soltanto uno dei drammaturghi più importanti del Novecento: egli continua ad essere, a distanza di oltre un secolo da capolavori come “Il fu Mattia Pascal” o “Sei personaggi in cerca d'autore”, uno dei conoscitori più acuti dell'animo umano al di là di qualsiasi finzione letteraria. Attraverso le sue novelle, i romanzi e le commedie è possibile, oggi come allora, riscoprire domande profondamente esistenziali.

L'altro figlio” e il dramma della maternità

Pubblicato nella raccolta “Novelle per un anno”, “L'altro figlio” dà il titolo anche ad una commedia rappresentata per la prima volta a Roma nel 1923. Come spesso accade, protagonista di questa storia è l'umanità ai margini della storia: uomini e donne che giacciono sulla soglia delle vicende umane da dove intravedono, e subiscono, i grandi eventi italiani.

Questa volta è la Sicilia del primo Novecento a fare da sfondo al triste racconto di Maragrazia: ormai vecchia, ridotta a chiedere le elemosina per sopravvivere, la donna non si dà pace per l'assenza dei suoi due amati figli, costretti ad emigrare in America. Nessuna risposta alle centinaia di lettere che la donna invia ogni giorno, nella speranza di ottenere la promessa di un ritorno in paese che non avverrà mai.

Maragrazia è sola, ma non lo è mai stata davvero: con lei vive un altro figlio, frutto di uno stupro subito in giovinezza da parte di un brigante. “L'altro figlio”, frutto di una sofferenza indicibile, mette la donna di fronte al peso insostenibile di una maternità non voluta per molti anni, ma che ora, resta l'unica sua speranza di sopravvivere.

Mi volle per forza; tre mesi mi tenne con sé, legata, imbavagliata, perché io gridavo, la mordevo…Dopo tre mesi, la giustizia venne a scovarlo là e lo richiuse in galera, dove morí poco dopo. Ma rimasi incinta. Ah, signorino mio, Le giuro che mi sarei strappate le viscere: mi pareva che stessi a covarci un mostro! Fui per morire, quando lo misi alla luce… Ora non Le pare, signor dottore ch’io possa dire davvero ch’egli non è figlio mio?

La violenza indicibile del progresso

Mani, non vedo altro che mani, in queste camere oscure; mani affaccendate su le bacinelle; mani, cui il tetro lucore delle lanterne rosse dà un'apparenza spettrale. (…) Hanno un cuore? A che serve? Qua non serve. Solo come strumento anch'esso di macchina, può servire, per muovere queste mani. E così la testa: solo per pensare ciò che a queste mani può servire. E a poco a poco m'invade tutto l'orrore della necessità che mi s'impone, di diventare anch'io una mano e nient'altro.

Mentre in tutta Europa il Positivismo e la fiducia nel progresso tecnico sorridono ai poeti futuristi, Pirandello già guarda al futuro di una vita mercificata e alienata tramite l'obiettivo di una cinepresa. Attraverso "I Quaderni di Serafino Gubbio", cineoperatore della Kosmograph, l'umorismo tragico di Pirandello traccia i contorni dell'indicibile violenza nascosta dietro le quinte: la terribile uccisione dell'attrice Varia Nestoroff renderà Serafino muto, lasciandolo solo dietro l'incomunicabilità della macchina da presa.

Trovarsi”, nel teatro e nella vita

Questa commedia del 1932 è senz'altro meno nota di altre, ma ancora oggi conserva il fascino di una profonda riflessione sull'animo umano dentro e fuori il palcoscenico della vita. L'eterno dissidio fra arte e realtà è impersonato questa volta da una donna, l'attrice Donata Genzi: in lei ogni personaggio prende letteralmente vita, appropriandosi del suo cuore e della sua anima per raccontare storie ogni volta diverse.

Ma una volta chiuso il sipario, la donna non riesce a trovare più se stessa: quando il suo personaggio tace, Donata non trova più la sua vera, autentica, voce. Ma sarà l'amore disatteso, quello passionale, travolgente, e tragicamente reale per Elj che la verità verrà alla luce: il teatro è esso stesso vita, non contempla altre forme di esistenza per l'artista che, spente le luci, si trova sempre inesorabilmente da solo.

Oh, come in cima a una montagna, nel gelo…mi sveglio, apro gli occhi in mezzo a un silenzio, a una luce che non conosco, e a cose che per me non hanno senso… che donna sono più? Com’è? Che sento? Dove mi trovo? Che ho nelle mani, che non ho più nemmeno la forza di sollevarle?

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