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Elena Ceste: storia di un omicidio premeditato

Strangolata e gettata in un canale: l’omicidio di Elena Ceste

Elena Ceste scompare da San Pancrazio a Motta a Costigliole d’Asti il 23 gennaio 2014. Il suo corpo viene ritrovato 10 mesi dopo in uno scolo a 2 chilometri dalla casa dove viveva con il marito e i 4 figli piccoli. Suo marito Michele Buoninconti è stato condannato per omicidio e occultamento di cadavere con sentenza del maggio 2018.
A cura di Angela Marino
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Il 24 gennaio 2014 Michele Buoninconti dà l'allarme della scomparsa della moglie Elena Ceste dalla loro sua villetta in località San Pancrazio a Motta a Costigliole d’Asti. Secondo il marito la 37enne si sarebbe allontanata da casa in preda a una sorta di delirio, nuda, senza documenti né cellulare. Ai carabinieri di Asti il vigile del fuoco racconta che il giorno precedente la moglie gli aveva mostrato il cellulare con alcuni sms inviati da un uomo. Era pentita di quella trasgressione e aveva sentito la necessità di confessare tutto al marito. Intanto nelle campagne di Costigliole i colleghi di Michele e le forze dell'ordine stanno perlustrando ogni angolo in cerca di tracce della donna. Se era nuda, come il marito racconta, non può essere andata lontano con zero gradi e la nebbia fitta.

La scomparsa

Della giovane mamma non ci sono notizie, di lei restano solo gli indumenti che si sarebbe tolta prima di quella fuga: un maglione, un paio di pantaloni, le ciabatte, le calze e l'intimo. Tutto il corredo viene consegnato ai carabinieri, tuttavia sui sedili dell'auto del pompiere viene trovato un altro paio di slip freschi di lavaggio appartenenti a Elena. Le indagini, intanto, vanno avanti mentre Buoninconti, a casa, fa le veci di Elena con i quattro figli piccoli. In paese i concittadini della coppia sono quasi tutti convinti che nella misteriosa scomparsa della casalinga c'entri qualcosa il marito. Il suo comportamento, del resto, non convince neanche gli inquirenti. che hanno disseminato la villetta di San Pancranzio di cimici e messo sotto controllo il suo cellulare. Dall'ascolto dei momenti privati dell'uomo emergono dettagli inquietanti. Dopo la scomparsa della moglie Michele ha iniziato uno scambio di messaggi con una donna che poi si è allontanata dopo averlo conosciuto meglio e dopo, con un'altra ancora. A Teresa, che vive in Calabria Michele parla di una possibile vita futura insieme dicendosi convinto che lei sia quella giusta per "sostituire" Elena.

L'indagine per omicidio

Gli esami sugli indumenti della 37enne danno dei risultati significativi. Sulla trama delle calze della donna e sui pantaloni che indossava il 23 gennaio 2014, vengono trovate tracce di fanghiglia. Il materiale viene messo a confronto con un campione prelevato dal Rio mersa, un canale a pochi chilometri da casa Buoninconti-Ceste e risulta compatibile. La presenza delle gocce si spiega ipotizzando che Elena sia stata trasportata da qualcuno fino al fiume e che costui abbia inavvertitamente sporcato gli abiti tornando a bordo dell'auto. I sospetti cadono immediatamente sul vigile del fuoco. L'uomo aveva dichiarato di aver avuto sempre con sé il cellulare della moglie dal momento della scomparsa, ma quella mattina il telefonino di Elena ha agganciato due celle: una vicina allo scolo del fiume e l'altra che serve la zona dove si trova la villetta di Elena. La conclusione della Procura di Asti – che ora indaga per omicidio e occultamento di cadavere – è che Michele abbia ucciso la moglie, ne abbia trasportato il corpo in auto fino allo scolo del fiume e, durante il tragitto, abbia fatto squillare due volte il cellulare. L'uomo voleva recuperare il telefonino e per questo lo aveva fatto squillare, accorgendosi dunque che si trovava nelle tasche dei vestiti di Elena sui sedili della sua auto. Il 6 novembre 2014, il corpo della giovane madre viene ritrovato, in avanzato stato di decomposizione, nello scolo del Rio Mersa, nelle campagne astigiane. Il 29 gennaio 2015 per Michele Buoninconti si aprono le porte del carcere. L'accusa è quella di omicidio premeditato e occultamento di cadavere.

Il movente

L'autopsia sul corpo di Elena evidenzia segni di strangolamento. Nell'ipotesi dell'accusa la donna sarebbe stata uccisa nel letto coniugale dopo che era appena uscita dalla doccia e prima che si fosse rimessa i vestiti. L'assassino avrebbe poi preso i vestiti che Elena aveva preparato, compreso il ricambio di biancheria pulita (il secondo paio di slip bianchi trovati nell'auto dell'indagato, ndr.) avrebbe caricato in auto il corpo e lo avrebbe scaricato nello scolo del Mersa. Tali operazioni sarebbero avvenute la mattina del 24 gennaio, poco prima delle 9, quando Michele era rientrato a casa dopo aver accompagnato i figli a scuola. Lì avrebbe ingaggiato un violento litigio con la moglie, poi degenerato in omicidio. Non era un mistero che l'uomo fosse oppressivo con la moglie e i figli ed Elena aveva cominciato a sottrarsi al "ruolo di moglie e madre sottomessa che il marito le aveva imposto", intrecciando rapporti con altri uomini. Il marito era a conoscenza di alcuni messaggi ricevuti dalla donna dal papà di un compagno di scuola di suo figlio. Eppure, per il gip di Asti Giacomo Marson che ha emesso l'ordinanza di arresto a carico di Buoninconti, il movente non è la gelosia. “La perdita di controllo sulla moglie – si legge nel documento – la preoccupazione che potesse emergere all’esterno un modello diverso da quello conosciuto e la presa di coscienza che con il suo tradimento Elena aveva messo in discussione tale modello hanno innescato uno stato di profondo risentimento nell’indagato". Il giudice si avvale del parere di psicologi e psichiatri che sottolineano come l'uomo non fosse legato affettivamente alla moglie e pertanto non fosse ferito dal tradimento, bensì preoccupato che il suo mondo potesse sgretolarsi. Se la moglie lo avesse lasciato, Michele avrebbe perso la famiglia, la casa (intestata ad Elena) i risparmi, la reputazione.

Depistaggi e manipolazioni

Sempre secondo le ipotesi della Procura, dopo aver ucciso la moglie, Buoninconti avrebbe messo in scena diversi tentativi di depistaggio. Il vigile si contraddice più volte nel raccontare come avesse – a suo dire – ritrovato in terra gli abiti della moglie che se li sarebbe tolti per poi fuggire via nuda. Scoraggia i colleghi dal cercare la donna nelle campagne dove poi verrà cercato il corpo, mentre ai suoi figli, intima di non dire nulla dei litigi violenti con la loro mamma. “Vi portano via anche me se lo dite – lo sentono dire durante un'intercettazione – come già vi hanno portato via vostra madre”. "Di estrema gravità – scrive a questo proposito il gip nell'ordinanza –  è il metodo sottilmente intimidatorio utilizzato per raggiungere lo scopo, suggestionando i propri figli più giovani con la paura, tratteggiando uno scenario di allontanamento dalla casa e separazione dagli altri fratelli e dal padre". In attesa del processo, inoltre, Buoninconti stringe dal carcere una serie di legami con alcune donne che credono alla sua innocenza, tanto che una di queste arriva addirittura a spingersi ai limiti dello stalking con la figlia di Elena. La donna, infatti, viene denunciata dai  Ceste dopo aver provato ad avvicinare la ragazza per convincerla a non screditare il padre con gli inquirenti.

Il processo

Il processo di primo grado per l’omicidio dei Elena Ceste inizia il primo luglio in Corte d’Assise ad Asti. A novembre 2015 e si conclude con la condanna dell'imputato a 30 anni dopo un rito abbreviato, confermata in via definitiva nel maggio 2018 dalla Corte di Cassazione. Secondo i giudici  Buoninconti ha "premeditatamente ucciso la moglie", come si legge nelle motivazioni della sentenza.

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