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Le trovano un nodulo al seno, ma si dimenticano di avvertirla

Succede in Calabria, dove una donna di 40 anni partecipa ad un programma di screening gratuito. Passano venti giorni, ma nessuno le comunica i risultati. Decide così di telefonare lei all’ospedale. Ed è solo l’inizio di questa storia di malasanità italiana, raccontata da Il Dispaccio.
A cura di Biagio Chiariello
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Una donna va in ospedale per usufruire dello screening mammografico gratuito messo a disposizione dal Ministero della Salute alla propria Regione. La trovano un cancro al seno, ma nessuno pensa di comunicarglielo. E' la storia raccontata da Il Dispaccio, quotidiano online dedicato alle notizie provenienti dalla Calabria. Inizia nel 2005 quando la Calabria riceve dal Governo "oltre 250mila euro di finanziamenti per istituire un servizio solido e rafforzato di screening della cervice uterina, della mammella e del cancro del colon del retto, più altri 8 milioni di euro sbloccati dalla Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005, da utilizzare nei tre anni successivi. E ancora, quasi 7 milioni di euro risultano come finanziamenti da quota indistinta da una delibera del CIPE, sempre per le annualità 2005, 2006 e 2007". Oggi, dunque, esiste il "Centro Unico di riferimento aziendale Screening Oncologico", e dal 2008 è stato ratificato un Protocollo d'Intesa per "Prestazioni inerenti lo Screening dei Tumori Femminili". Così il  "31 maggio 2012 la signora C.S. si reca presso l'ospedale di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, per usufruire dello screening mammografico gratuito. Eseguito l'esame, le viene chiesto di lasciare i propri dati anagrafici: verrà contattata entro venti giorni per ritirare il referto", scrive il Dispaccio. Quei 20 giorni passano. Ne passa anche qualcuno in più. La signora, 40 anni, decide allora di andare in ospedale, per avere qualche chiarimento. Qui scopre che la mammografia c'è e, addirittura, è stata refertata il giorno stesso dell'esame, lo stesso 31 maggio col seguente parere medico; "E stato trovato un nodulo di un paio di millimetri con contorno stellato, e "Si consiglia consulto chirurgico".

La donna capisce che quel referto medico non è cosa da prendere sottogamba. Si reca, dunque, a Milano e comincia la cura per il male che le è stato diagnosticato. La domanda, però, è più che legittima: perché nessuno ha chiamato dall'ospedale? "Ho pensato – racconta al Dispaccio – che se non mi chiamavano non c'era niente". Ma qualcosa c'era, e lei si reca nuovamente in ospedale per chiedere spiegazioni. "Il medico non era obbligato a chiamare" le dicono. E lei sporge reclamo chiamando in causa gli uffici amministrativi dell'Asp, ma nessuno risponde al telefono, perché gli uffici stanno traslocando. L'avvocato che gestisce il reclamo si nega al telefono, e risponde solo dopo un mese e mezzo, con una domanda per la signora e la sua famiglia: "E cosa vuole da me?", spiega ancora il quotidiano calabrese. Ma la storia di malasanità non finisce qui. La 40 enne torna in ospedale e chiede di parlare con il medico che ha refertato la mammografia, colui che per primo ha visto il nodulo. Costui le risponde che chiamarla "non era di mia competenza". Ad oltre un anno di distanza da questa serie di disavventure, ancora nessuna risposta. A Milano, i medici hanno detto alla signora di aver perso quattro mesi di tempo, prima di farsi curare. Quattro mesi, che per un tumore sono tanti: "Il tumore non aspetta", ha detto la signora.

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