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Il dolore e la dignità che sono a forma di madre: intervista a Patrizia Aldrovandi

“Ho capito che gente come Giovanardi va lasciata perdere, si rischia solo di offrigli una ribalta”. “Mio figlio Federico è morto per la mancanza di cultura e di educazione che sta dietro ad ogni abuso delle Forze dell’Ordine”. “La legge sul reato di tortura ormai è annacquata e inapplicabile”. “Ma la storia di Federico rimane, rimangono molte cose buone”.
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A cura di Giulio Cavalli
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Ha pubblicato un lettera piena di cuore Patrizia Aldrovandi, la madre di Federico, lo studente diciottenne ferrarese che rimase ucciso dopo essere stato fermato da alcuni poliziotti condannati per "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi". Patrizia è una donna che non avrebbe mai pensato di dovere imparare ad essere così forte per difendere la memoria del figlio calpestata non solo dai fatti ma anche dagli applausi che il Sindacato Autonomo di Polizia ha tributato agli aguzzini di Federico e dalle improvvide uscite del solito Giovanardi.

Scrive Patrizia, nel suo post "Perché rimetto le querele contro Paolo Forlani, Franco Maccari e Carlo Giovanardi":

Ho perso Federico che aveva 18 anni la notte del 25 settembre di dieci anni fa per l’azione scellerata di quattro poliziotti che vestivano una divisa dello stato, e forti di quella divisa hanno infierito su mio figlio fino a farlo morire. Non avrebbero mai più dovuto indossarla.

I giudici hanno riconosciuto l’estrema violenza, l’assurda esigenza di “vincere” Federico, e una mancanza di valutazione – da parte di quei quattro agenti – al di fuori da ogni criterio di senso comune, logico, giuridico e umanitario. […]

Chi ha ucciso Federico sa perfettamente quale strazio sta dando ad una madre, un padre e un fratello privandoli della piena verità dopo avergli strappato il loro figlio e fratello. Nessun onore di indossare la divisa dello stato, nessun onore.

E nessun onore neanche a chi da dieci anni cerca nella morte di mio figlio l’occasione per dire che in fondo andava bene così: i poliziotti non possono aver sbagliato, in fondo deve essere stata colpa di Federico se è morto in quel modo a 18 anni.

In un tempo di urlacci amplificati la madre di Federico decide di custodire la memoria del figlio con il silenzio. E siccome noi siamo un Paese che ha bisogno di esempi di dignità abbiamo deciso di sentirla:

Patrizia, una lettera sottovoce ma che sta facendo molto rumore. Te lo aspettavi?

Forse sì. Perché comunque mi sono resa conto che questo mio percorso non l'ho mai fatto da sola, ero portavoce di un senso comune che da madre e da cittadina condivido. Ho sempre sentito addosso la solidarietà di moltissime persone e questa decisione di dire basta è stato più  difficile razionalizzarla che non percepirla. Per me questa lettera è un senso di libertà, di liberazione dalla cattiveria e anche dall'ignoranza di certi atteggiamenti. Non volerli più considerare è liberatorio.

Tu hai scritto che molti costruiscono la propria carriera sulla bava e sulla bile e non solo su Federico. Eppure siamo in un tempo in cui le fragilità sono nemici da abbattere, ma è diventato davvero così fuori moda essere gentili, solidali, buoni nel senso più pieno?

Io penso che chi fa rumore lo faccia sempre più forte per sovrastare il pensiero comune: ma la gente non è così. Si urla per poter essere superficiali ma in realtà basta fermarsi a riflettere e anche ad ascoltare le posizioni diverse. Chi urla ha già perso.

Dovremo scrivere il reato di "favoreggiamento culturale alla violenza di Stato"…

Assolutamente.

Ma tu ci credi ancora alle istituzioni, dopo quello che hai passato?

Io credo e mi identifico nella mia famiglia, nella mia gente, nelle tante persone che sono l'Italia. Le istituzioni semplicemente le rappresentano o almeno così dovrebbe essere.

E nella polizia?

Domanda difficile. Confesso che mi aspettavo di più. Ho avuto molte promesse e molte attenzioni. in questi dieci anni ho conosciuto molti alti rappresentanti della Polizia di Stato, nel bene e nel male. Ma io credo nelle istituzioni in quanto tali però non posso prescindere dal valutare le persone. E le persone le giudico a prescindere dal loro ruolo istituzionale. Non è un ruolo, un partito o una sigla che mi definisce una persona.

Eppure gente come Giovanardi e Maccari hanno giocato a dare una rappresentazione della realtà fasulla, giocando anche sulla demolizione della figura di tuo figlio…

Rispetto le idee diverse dalla mia ma non sopporto l'aggressività e il volere schiacciare una posizione differente dalla loro come hanno fatto Giovanardi e Maccari a prescindere da verità che sono accertate, scritte nelle carte dei tribunali. E loro continuano a raccontare balle. Se ne fregano di ciò che è scritto e continuano a dichiarare il falso. E allora mi sono chiesta: "perché gli corro dietro?" In quel momento la querela ci stava bene ma adesso credo che anche se queste persone si beccassero una condanna (che avrei ottenuto) ci sarei stata male solo io. Rischio di dargli solo una nuova ribalta. Mi voglio liberare di loro. Basta.

Ti è costato molto?

Niente. Perché non è un prezzo: per me essere me stessa non è faticoso. Mi è costato stare in tribunale, assistere alla demonizzazione di Federico che invece era la vittima. Ma mantenere questo mio modo non costa: sono io.

Il disegno di legge sul reato di tortura sembra essersi bloccato. Pensi che la morte di Federico sia servita per un cambio di marcia legislativo?

No. Per niente. E non si tratta solo di casi come il mio ma anche e soprattutto della dichiarazione del Tribunale per i Diritti dell'Uomo che ha sollecitato più di una volta l'Italia per l'introduzione del reato di tortura. Mi spiace dirlo ma nonostante l'impegno di qualcuno ormai quel testo sia annacquato e non corrisponde più al reato di tortura nella sua forma più semplice. Questa legge non potrebbe nemmeno essere applicata al caso di Federico, per capirsi.

Oggi essere solidali e buoni è diventata una colpa. Si viene additati come buonisti e la bontà è sinonimo di debolezza. Quando abbiamo perso il coraggio di essere buoni?

C'è un brutto incattivirsi e mi dispiace molto. Dobbiamo recuperare gentilezza. Ma anche l'educazione che è ciò che proprio manca, anche nel comportamento delle forze dell'ordine quando diventa abuso. Dietro un abuso c'è mancanza di umanità e di cultura. Dovremmo noi tutti anche nelle piccole cose recuperare la gentilezza e il rispetto, a partire dal nostro piccolo mondo.

Se dovessi raccontare a Federico come è andata a finire cose gli diresti?

Non è mica finita. Io con questo mio atto di ritirare le querele dichiaro finita la parte giudiziaria. Ma la storia di Federico rimane, rimangono molte cose buone. Il nome di Federico deve essere legato alla gentilezza e al rispetto della vita. Finché ci sarà qualcuno che si ricorda di lui.

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