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Opinioni

Garanzia Giovani non ha dato agli under 30 alcuna garanzia (e gli stipendi non arrivano)

Un miliardo e mezzo di euro per assunzioni di cui non abbiamo i numeri, e con pagamenti non arrivano. Se non è un flop questo…
A cura di Michele Azzu
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Sono passati quasi due anni dall’inizio della Garanzia Giovani, il programma europeo che doveva garantire una occupazione “di qualità” ai giovani under 30 italiani in cerca di lavoro. Il programma, per cui all’Italia erano stati concessi 1 miliardo e mezzo di euro dall’UE, è entrato in vigore il 1 maggio 2014.

Da allora fino al 12 febbraio 2016 sono 964mila – stando ai dati forniti dal ministero del lavoro – i giovani che si sono rivolti al programma: c’è chi lo ha fatto nella propria regione e chi con la prospettiva di trasferirsi altrove. Eppure, da molti mesi i numeri ottenuti da Garanzia Giovani per abbattere la disoccupazione giovanile risultano insoddisfacenti.

Secondo il ministero, infatti, di questi 964mila sono 280mila quelli a cui le varie agenzie del lavoro e uffici locali per l’impiego hanno “proposto una misura”. Significa che a 280mila partecipanti è stato proposto un tirocinio, o un contratto a tempo o un lavoro vero e proprio. Partendo da questo dato, dunque, i giovani realmente occupati dovrebbero essere ancora meno: non tutti avranno accettato la proposta.

Ma quanti siano, esattamente, non è dato saperlo. Sappiamo, invece, che la maggior parte finisce in lavori o stage di pochi mesi. In 20 mesi di programma, infatti, la maggioranza di posizioni di lavoro in Garanzia Giovani sono state contratti a tempo: 61.689 (in valore assoluto). Per fare una comparazione, i contratti indeterminati sono stati 10.608. Significa che i contratti a tempo sono sei volte le assunzioni. Mentre i tirocini sono stati 13.555.

Ci sono, poi, i fatti di cronaca più recenti che portano a bocciare interamente il programma europeo. Perché anche i fondi, ingenti, stanziati a sostegno di questa misura, alla fine non arrivano. Sono tanti, infatti, i ritardi nei pagamenti dei giovani che hanno già finito o stanno svolgendo questo programma. Pagamenti che dovrebbero essere effettuati dall’Inps.

Ci sono le denunce dei sindacati, gruppi di protesta su Facebook, e decine di casi documentati dal Fatto Quotidiano. Dal Lazio al Veneto, dalla Sicilia all’Emilia Romagna: è impossibile stabilire il numero dei giovani che non ha ancora visto i soldi dei pagamenti. La situazione sembra essere fuori controllo.

Il programma, ormai, funziona da quasi due anni. E il governo ha appena riferito dei risultati al commissario europeo Marianne Thyssen, rimarcando il fatto che il progetto deve continuare. Il governo, inoltre, ha appena deciso di raddoppiare i bonus occupazionali perché le aziende siano stimolate ad assumere i giovani stagisti, o assunti a tempo, alla fine del programma.

Ma forse è arrivato il momento di fermarsi e riflettere. Perché se i numeri del monitoraggio, dopo 2 anni, sono ancora fumosi, se è chiaro a tutti che Garanzia Giovani non serve a portare i giovani al lavoro, se anche gli “stipendi” mensili che dovrebbero dare al giovane la garanzia di trovarsi a svolgere una specie di lavoro e di potersi mantenere… ecco, se anche questo viene a mancare bisogna chiedersi se abbia senso continuare il programma.

Perché, alla fine, a che serve Garanzia Giovani? Cosa garantisce questa garanzia? E chi ne ha potuto beneficiare finora?

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I RITARDI NEI PAGAMENTI DELL’INPS. Il problema, come spesso accade, sono i rimpalli di responsabilità tra enti locali e Inps. E i controlli necessari, dato che si tratta di finanziamenti europei. Ma il problema è a monte: perché nessuno al ministero del lavoro ha pensato di fare anticipare questi soldi alle imprese? A loro costerebbe poco, dato che gli stipendi italiani sono il fanalino di coda d’Europa, e dato che per ogni stage si parla di cifre misere: al massimo 500 euro al mese.

Il pasticcio vero è fra Inps, regioni ed enti locali. Chi ha uffici, personale, database più efficienti provvede in tempi utili, come è avvenuto nelle Marche. Nei labirinti burocratici della Sicilia, del Lazio, della Campania e dell’Emilia Romagna, invece, i giovani rimangono senza una lira. In Lazio la situazione è particolarmente critica, dato l’alto numero di partecipanti. Che hanno manifestato davanti al palazzo della regione il 25 gennaio. Fra loro c’è chi aspetta i pagamenti da 6 mesi, e chi ha dovuto lasciare gli stage a metà.

Ma il problema non sono solo le regioni. Il problema è che l’Inps, a cui è stata assegnata la delega del pagamento di Garanzia Giovani, non può procedere ad anticipare i fondi europei. Può provvedere ai pagamenti nei limiti dei soldi già incassati. Un vero disastro. Perché, com’è possibile che nessuno abbia pensato a prevenire questo problema, nel momento in cui tanti degli iscritti al programma devono trasferirsi per poter accettare la posizione? Il responsabile sembra essere chi a monte avrebbe dovuto razionalizzare questo programma: ministero del lavoro e governo.

MA I SOLDI DOVE SONO FINITI? Viene da chiedersi, dunque, a cosa siano serviti il miliardo e mezzo di fondi stanziati per questo programma. Sono stati spesi inutilmente? E chi ne ha beneficiato? Ovviamente le aziende, che hanno potuto prendere a lavorare stagisti praticamente gratis: a fronte di 400/500 euro al mese per un tirocinante l’azienda ne ha dovuti pagare 100/200 (a seconda del regolamento regionale). Un bel risparmio di cui non si è mai capita la ragione, dato che gli stage non costituiscono lavoro.

Altri soldi sono andati alle agenzie del lavoro private, incluse nel programma perché i centri per l'impiego pubblici sono da tempo insufficienti a garantire l’efficacia delle offerte di lavoro. È apparso chiaro, negli scorsi mesi, come le bacheche di offerte di lavoro della Garanzia Giovani siano state inondate dalle posizioni già presenti nelle bacheche delle agenzie del lavoro, senza distinzione né razionalizzazione alcuna.

Un vero e proprio “gioco delle tre carte” di cui le agenzie del lavoro hanno potuto beneficiare, perché mettendo quegli annunci all’interno di Garanzia Giovani per ogni posizione presa scatta il premio per l’inserimento, che altrimenti non ci sarebbe stato. Anche qui, nulla di irregolare. Ma l’efficacia del programma viene fortemente minata senza alcuna pianificazione sugli annunci – e i risultati si vedono.

Infine, ci sono gli enti che si sono occupati dei corsi di formazione. Per avere un’idea di quanti soldi siano finiti da questa parte basta riprendere il caos siciliano: nell’isola l’associazione degli enti di formazione Anfop, che si è occupata di circa il 70% dei corsi avviati con Garanzia Giovani, lamenta di stare aspettando da mesi i pagamenti di questi corsi (esattamente come i giovani aderenti al programma).

Queste somme per la formazione all’interno di Garanzia Giovani, solo per l’Anfop siciliano ammontano, come riporta l’ente stesso a: “850 corsi di 200 ore per ciascuno dei quali i soggetti promotori dovrebbero ricevere in media un rimborso di 17.000, e oltre 47mila tirocini da tre mila euro complessivi per sei mesi”.

Cifre imbarazzanti, che abbiamo speso per cosa? Per una stagione di stage di sei mesi, e per altri corsi che non porteranno i giovani al lavoro? Quegli stessi giovani che ora siedono a casa (dei genitori) in attesa che l’Inps versi loro 1.000 o 2.000 euro dei rimborsi dei mesi passati in Garanzia Giovani?

Da tempo analisti ed esperti concordano nel dire che la Garanzia Giovani, così com’è, non serve. Manca un coordinamento fra Stato e regioni, mancano garanzie sui tempi dei pagamenti, manca un monitoraggio certo dei risultati che riporti quanti giovani sono andati veramente a lavorare.

E quel poco che è stato fatto, non vale nulla se al termine del programma tutti questi giovani devono aspettare mesi il pagamento da parte dell’Inps. Perché questa Garanzia Giovani non dà alcuna garanzia. Perché questo programma europeo per trovare lavoro agli under 30 non porta lavoro. Perché questo miliardo e mezzo di fondi è stato buttato via, e sono pochi soggetti ad averne beneficiato.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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