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Turchia, terza notte di scontri: “1700 arresti”. Ed Erdogan se la prende con Twitter (VIDEO)

I manifestanti sono giunti in quasi sotto le finestre del premier, urlando slogan anti-governativi. Respinti poi dalle forze dell’ordine. Ma le proteste si sono ormai estese a tutto il Paese. Ed Erdogan ha dato una sua personale interpretazione delle ragioni delle manifestazioni.
A cura di Biagio Chiariello
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Continuano gli scontri in Turchia fra manifestanti antigovernativi e polizia. La protesta, iniziata ad Istanbul contro l'abbattimento del parco Gezi, sulla piazza Taksim, luogo simbolo della rivolta, è continuata per dire ‘no' alle politiche pro-islamiste del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, con i migliaia di manifestanti che sono stati reclutati dal "tam tam"dei social network, ed ha rapidamente assunto il carattere di una contestazione a livello nazionale. I contestatori hanno raggiunto le residenze di Erdogan definendolo un "dittatore" e chiedendo le sue dimissioni. "Dittatore, dimettiti! Noi resisteremo fino alla vittoria", hanno urlato i manifestanti. Tutti ciò mentre gli agenti lanciavano gas lacrimogeni per cercare di disperdere le diverse centinaia di persone che si sono avvicinati "pericolosamente" agli uffici del premier.

Il bilancio degli scontri rimane tuttavia un mistero  – Almeno una centinaia i feriti è forse due morti, anche se delle vittime non c'è nessuna conferma, come sottolinea un portavoce di Amnesty International Italia, spiegando però che "cinque persone sono in pericolo di vita per ferite alla testa". Un numero decisamente più alto per le fonti mediche di Ankara, che parlano di almeno 400 civili feriti.  Secondo il ministro degli interni Muammer Guler 1700 persone sono state arrestate. Le autorità riferiscono anche di 100 veicoli della polizia, 94 negozi e decine di auto danneggiate da venerdì, per un totale di 8 milioni di euro di danni.

Erdogan: "Un minaccia di nome Twitter" – Nel frattempo è lo stesso Recep Tayyip Erdogan,che ieri ,durante una conferenza stampa ad Ankara ha parlato delle proteste anti-governative, rigettando l’accusa di essere “un dittatore” per via della repressione della polizia e dando una sua interpretazione delle ragioni delle contestazioni: "Oggi esiste una minaccia che si chiama Twitter. I migliori esempi di menzogne si possono trovare lì. Per me, i social media sono la peggior minaccia alla società". Il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu ha aggiunto che le grandi manifestazioni di questi giorni a Istanbul e in molte altre città del paese “nuoceranno alla reputazione” della Turchia. Allo stesso, i manifestanti accusano le tv turche, controllate dal governo o ‘intimidite', di minimizzare la rivolta.

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