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Turchia, il giorno dopo la strage è caccia ai responsabili. C’è l’ipotesi Isis

Mentre il bilancio delle vittime sale a oltre 100, è caccia ai responsabili della strage. Per il premier turco Davutoglu sono quattro i possibili mandanti dell’attacco: “Stato Islamico, Partito dei lavoratori del Kurdistan, Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo e Partito comunista marxista-leninista”.
A cura di Redazione
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Ore 18: I quotidiani turchi continuano a rilanciare ipotesi sull'identità dei due attentatori, che secondo le forze di polizia sarebbero legati all'Isis. Stando a quanto si legge in queste ore, uno dei kamikaze sarebbe il fratello maggiore dell'attentatore di Suruc, la cittadina al confine con la Siria che fu teatro di un sanguinoso attacco che costò la vita a 34 persone. In molti rilanciano poi la notizia secondo cui il secondo attentatore sarebbe una donna: per il momento nessuna conferma ufficiale.

Ore 15: Fonti del Governo di Ankara rilanciano la tesi che si sia trattato di un attentato operato da una cellula di fondamentalisti islamici che fa riferimento all'Isis. Stando inoltre alle ultime verifiche, sembrerebbe che il secondo attentatore fosse una donna. Il bilancio provvisorio delle vittime continua a salire: sono oltre 110 le persone decedute, circa 300 i feriti.

Ore 13:30 – Mentre decine di migliaia di persone manifestano in diversi centri della Turchia, giungono notizie da fonti investigative: a quanto pare sarebbe stato identificato uno dei due kamikaze. Si tratterebbe di un uomo, tra i 25 e i 30 anni, le cui impronte digitali sarebbero state rilevate sui resti di uno degli ordigni: nessun particolare ulteriore è stato diffuso per il momento. Intanto nei pressi del luogo della strage si segnalano scontri fra manifestanti e polizia, con qualche carica e il lancio di lacrimogeni.

È salito a 95 morti accertati e 248 feriti il bilancio della strage di Ankara, dove almeno due kamikaze si sono fatti esplodere nel mezzo di una manifestazione organizzata da sindacati, gruppi pacifisti e organizzazioni non governative che chiedevano la fine delle ostilità in Kurdistan. E oggi è la giornata del lutto e delle polemiche, destinate a riprendere vigore dopo le ultime dichiarazioni del primo ministro turco, il conservatore Ahmet Davutoglu.

Nell’indire tre giorni di lutto nazionale, il primo ministro ha fatto il punto delle indagini, spiegando che l’attenzione degli inquirenti si sta concentrando su 4 gruppi: Stato Islamico, Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-c) e il Partito comunista marxista-leninista (Mlkp). Secondo il premier, infatti, “queste sono le organizzazioni che possiedono la capacità e l’organizzazione per realizzare un attentato di questo tipo”  e una ulteriore prova sarebbe fornita dalle modalità con cui è avvenuto l’attacco: ci sarebbero infatti “prove evidenti” del fatto che a causare le esplosioni siano stati due kamikaze. Il premier ha poi spiegato di voler aprire il dialogo con l’opposizione, ma ha chiuso la porta con decisione all’HDP, il Partito Democratico Popolare che ha posizioni filo-curde e che in queste ore è protagonista di una durissima polemica con il Governo sulle misure di sicurezza adottate per la manifestazione. Polemiche che paiono non pesare sul ministro dell'Interno turco, Selami Altinok, che ha respinto ogni ipotesi di dimissioni e rispedito al mittente le critiche sulla mancanza di controlli nel centro di Ankara.

Intanto Erdogan ribadisce la sua posizione: “Condanno questo attentato contro la nostra unità e la pace nel nostro paese”. Nella lettura del capo dello Stato si tratta di un attacco contro la democrazia turca e la risposta "sarà ferma e determinata", prima di tutto per quel che concerne l'accertamento delle responsabilità.

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