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Terrorismo, chiesto processo per la jihadista italiana Fatima e altre 9 persone

La Procura di Milano ha chiesto il processo per Maria Giulia Sergio, la donna italiana convertitasi all’islam con il nome di Fatima e poi fuggita in Siria per schierarsi al fianco dei jihadisti dell’Isis.
A cura di Antonio Palma
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Dopo mesi di indagine la Procura della Repubblica di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Maria Giulia Sergio, la donna italiana convertitasi all'Islam con il nome di Fatima e poi fuggita in Siria per schierarsi al fianco dei jihadisti dell'Isis. Oltre che per la donna i pm del capoluogo lombardo hanno chiesto il processo anche per altre nove persone ritenute collegate in qualche modo con il viaggio di Fatima, tra cui il padre Sergio e la sorella Marianna. Le accuse per gli indagati a vari titolo sono di associazione per delinquere con finalità di terrorismo e favoreggiamento di organizzazione di viaggio ai fini di terrorismo. Per gli inquirenti le dieci persone, cinque delle quali sono ancora latitanti, avrebbero aderito al sedicente Stato islamico e favorito la partenza di Fatima, che ora risulta latitante in Siria con il marito, anche lui jihadista.

La richiesta di rinvio a giudizio emessa dal pool anti-terrorismo, coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Paola Pirotta, era una notizia attesa dopo la chiusura delle indagini che hanno portato a undici mandati di cattura il primo luglio scorso. Come accertato dalle indagini anche la famiglia di origine di Fatima era pronta a trasferirsi in Siria con la figlia al fianco dell"Isis ed aveva già organizzato tutto quando gli agenti sono intervenuti bloccando la loro fuga. Il padre, la sorella e la madre di Fatima erano finiti in manette, quest'ultima nel frattempo però è morta per problemi di salute dopo essere stata anche operata.

Intanto, dopo l'arresto dei genitori, della 28enne di Inzago non si hanno più tracce. In uno dei suoi ultimi contatti via web con la famiglia. per convincerla a recarsi in Siria e sostenere così l'Isis. si era lasciata sfuggire di trovarsi nel nord della Siria vicino a Raqqa, capitale dello Stato Islamico e ora pesantemente colpita dai bombardamenti della coalizione anti Isis. Nessuna notizia nemmeno del marito, l’albanese Aldo Kobuzi, partito con lei poco dopo il matrimonio.

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