Mentre il prezzo del caffè sale, le aziende pensano ad alternative economiche: quali sono le opzioni

Lo si beve per colazione, nelle pause al lavoro, insieme agli amici: il caffè è parte integrante della nostra quotidianità e punto fermo della storia italiana. Per questo motivo, il crescente rincaro del costo del caffè potrebbe rappresentare un vero problema. Se nel 2020 il prezzo medio di un caffè era di 87 centesimi, per la fine del 2025 è previsto un incremento del 50%, con un prezzo medio di 2€. Un rischio enorme per le aziende produttrici del caffè, che si ritrovano a dover trovare delle alternative per prevenire danni ben più gravi.
Come reagisce il mercato
La situazione rischia di diventare seriamente un problema per le aziende. Il caffè, infatti, ha un valore simbolico enorme, è intrecciato alla quotidianità di tutti e, continuando ad aumentarne il prezzo, rischia di diventare un lusso e perdere l'aspetto democratico che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Il mercato italiano, per ora, continua a funzionare con un consumo annuale che si aggira attorno ai 327 milioni di chilogrammi di verde e i 5,2 miliardi di euro. Tuttavia, le aziende stanno comunque studiando delle alternative al caffè tradizionale, dai ceci ai semi di dattero, come prevenzione.
Le alternative al caffè tradizionale: le opzioni orientali
Sembra impossibile pensare di bere qualcosa che non sia il nostro vero caffè, ma sempre più aziende stanno producendo delle valide (e sostenibili) alternative per sopperire ai costi del mercato. Esiste, ad esempio, il caffè di ceci. Interamente naturale, il caffè di ceci non contiene caffeina e glutine e si ottiene tostando e macinando i legumi, a volte insieme ad altri cereali e radici come cicoria, orzo, grano e segale. Una seconda possibile alternativa è il caffè di noccioli di datteri, tipicamente marocchino e prodotto dai berberi, gli abitanti autoctoni del nord Africa. Si tratta di una bevanda tradizionale che, tra i tanti benefici, aiuterebbe il processo digestivo. Questo caffè può essere aromatizzato con spezie quali cannella, pepe o zenzero. Anche il caffè di carruba ha origini nord africane, in particolare siriane e marocchine, e rappresenta un interessante alternativa alla bevanda tradizionale. Questo caffè viene preparato con i semi del carrubo, dopo la tostatura e la macinatura dei semi, si ottiene una polvere che, per gusto e colore, ricorda il caffè. Le carrube sono utilizzate anche in cucina come addensante o sostituto di cacao. Infine, lo yannoh è poi uno dei più popolari surrogati del caffè. Privo di caffeina, è un infuso che si ottiene da una miscela di cereali tostati e macinati e gli ingredienti variano a seconda del prodotto, ma in genere includono orzo, segale, cicoria, ceci o ghiande in diverse percentuali. La ricetta originale dello yannoh è stata creata dal giapponese Georges Ohsawa, considerato il padre della macrobiotica, e comprendeva anche riso integrale ed azuki, dei piccoli legumi rossi.
Il caffè di fichi tostato, l'alternativa austriaca
Surrogato popolare in America Latina, il caffè di fichi tostato affonda le sue radici in Austria alla fine del XIX secolo. Anche il caffè di fichi tostato è un'ottima alternativa a quello tradizionale. Dal gusto dolce e vellutato, questa bevanda si ottiene dai fichi secchi, che vengono tostati fino ad ottenere una polverina.
La cicoria francese
La ricerca di alternative al caffè tradizionale porta spesso all’esplorazione del caffè di cicoria, una bevanda che si ottiene dall'infusione della polvere di radici di cicoria tostate, in particolare della pianta Cichorium intybus. L'origine del caffè di cicoria risale al XIX secolo in Francia, dove veniva utilizzato come surrogato del caffè durante le carenze di questo prodotto.
Il caffè di segale apprezzato in Europa
Il caffè di segale è una bevanda molto apprezzata in Europa e in particolare in tutta l'aria germanofona, dove è chiamato Roggenmalzkaffee. Questo caffè, che si ricava dalla segale tostata e macinata spesso unita in miscele con altri cereali e radici, ha un gusto amaro e un retrogusto tostato, più intenso rispetto ad altri surrogati come ad esempio il caffè d'orzo.
Di quanto è aumentato il caffè secondo Unimpresa
Secondo una recente analisi di Unimpresa, una confederazione generale delle imprese, negli ultimi 5 anni il costo del caffè in Italia è aumentato esponenzialmente. Nel 2020 il prezzo medio in Italia era di 87 centesimi, dopo la pandemia, nel 2021, è salito a 1,03€. Nel 2023 il prezzo medio era invece di 1,18€, con forti differenze a livello regionale: se a Catanzaro si poteva bere un caffè a 99 centesimi, a Bolzano o Trento il prezzo medio era di 1,30€. Il 2024 ha visto un aumento del 40% rispetto al 2020, un caffè in Italia costava quindi mediamente 1,30€. Infine, secondo lo studio di Unimpresa, il 2025 si concluderà con un incremento del 50% rispetto al 2020, arrivando a costare addirittura 2€.
Le ragioni dietro l'aumento del prezzo
Non c'è una ragione unica dietro a questo esponenzialmente incremento degli ultimi cinque anni. Si tratta, infatti, di un intreccio di molteplici fattori globali e locali, con dinamiche che riguardano sia le materie prime che i bar stessi. In primo luogo, il cambiamento climatico. Brasile e Vietnam, che insieme garantiscono più della metà della produzione di caffè a livello mondiale, risentono molto degli effetti del cambiamento climatico. Il Brasile è colpito da persistenti piogge torrenziali e il Vietnam da continui episodi di siccità. Questa situazione causa un importante incremento dell'80% sul prezzo dei chicchi grezzi di caffè. Anche l'aumento dei costi energetici e logistici è da riscontrare tra le principali cause. Infatti, gas e elettricità hanno un ruolo importante per il processo di torrefazione e l'aumento dei noli marittimi e delle bollette di luce e gas ha quindi conseguenze che pesano. L'inflazione, aumentando i costi d'imballaggio e manodopera, ha creato poi seri problemi. Infine, le nuove normative ambientali dell'Unione Europea sono estremamente severe e puntano a contrastare la deforestazione a livello globale.