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Indossare la sostenibilità: perché la Gen Z ama gli abiti di seconda mano?

Dall’All you can wear a Milano fino ai creators che promuovono la moda sostenibile sui social. Ormai lo stile è “green”.
A cura di Eleonora Di Nonno
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"Un uomo non ti tratterà mai meglio di un grande magazzino" è una citazione di Rebecca Bloomwood – la protagonista affetta da shopping compulsivo nel film I Love Shopping – e rende bene l'idea di quanto possano essere dannosi alcuni comportamenti quando si tratta di moda (vedi alla voce: fast fashion). Non si intende demonizzare i “fashionisti” come la frizzante “Becky”, nata dalla penna di Sophie Kinsella, ma di essere consapevoli di tutto ciò che c’è dietro il consumismo nell'ambito della moda.

All you can wear: "un'abbuffata" di vestiti

A Milano, sabato 9 settembre, c'è chi si è fatto un'abbuffata di vestiti usati all'All you can wear. L'iniziativa si è svolta nella sede della cooperativa Di mano in mano e al prezzo fisso di 18 euro permetteva ai partecipanti di accaparrarsi tutto ciò che entrava in una borsa di tela fornita all'ingresso. Shopping sostenibile e a basso costo. Le persone in coda erano migliaia, soprattutto giovanissimi, perché, a quanto pare, i Millenials e la Gen Z vanno pazzi per il second – hand.

Vestirsi bene col vintage

Il passaparola è avvenuto sui social, in particolare TikTok è stato megafono per il mercatino di shopping antispreco a Milano. È la seconda volta per l'iniziativa targata Di mano in mano e gli organizzatori si sono detti soddisfatti per aver evitato emissioni da oltre 60 tonnellate di gas serra. Ma il successo dell'All you can wear sembra mettere in evidenza diversi aspetti. Da una parte c'è la Gen Z, che attribuisce ai capi usati una valenza politica e ambientale. Un modo per dire agli adulti che la sostenibilità si può anche indossare. Dall'altra c'è una motivazione legata all'estetica: le nuove generazioni ricercano tramite abiti vintage la propria identità con pezzi unici per non uniformarsi.

Uno scatto all'east market a Londra
Uno scatto all'east market a Londra

I creators che sui social promuovono la moda sostenibile

I social, oltre a essere cassa di risonanza per eventi dedicati all'acquisto di capi usati, diventano campo d'azione per creators che si occupano di promuovere un'inversione di tendenza verso una moda più sostenibile. Anche per il portafogli. È il caso di Diana Karmanti, meglio conosciuta come @poorasfuckstreetwear, una ragazza che ha come unica missione su Instagram quella di rendere il vintage cool. Diana consiglia mercatini o negozi d'usato sparsi in tutta Italia, convenienti ed economici.

Diana Karmanti @poorasfuckstreetwear
Diana Karmanti @poorasfuckstreetwear

C'è poi Venetia La Manna, che si definisce "un'attivista della moda giusta". Tramite le sue piattaforme di social media denuncia i marchi di fast fashion e chiunque attui pratiche di lavoro non etiche. Solo alcuni esempi di chi si dà da fare nel web per avere un'impatto positivo nel mondo reale. In realtà andrebbero ripensate da zero le nostre abitudini d'acquisto: dalla scelta di comprare meno e meglio, fino alla decisione di riparare i capi danneggiati prima di buttarli. La moda passa, il Pianeta Terra resta.

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