Hermès vince in tribunale: non c’è violazione antitrust con la vendita delle Birkin in lista d’attesa

Nel mondo fashion non c'è borsa più pregiata e ambita della Birkin, che nel tempo è diventata una vera e propria dichiarazione di status. Indica prestigio, lusso, ricercatezza; possederne una significa far parte di una cerchia ristretta e selezionata, perché non è certo un accessorio per tutti. L'iconica Birkin, che celebrities e dive sfoggiano al braccio con disinvoltura, è molto di più di una borsa griffata. Averne una nel guardaroba significa sottoporsi a una lunga trafila di acquisto. Non basta entrare in boutique e firmare un assegno, non si procede certo tramite e-commerce. Esiste una vera e propria lista di attesa (il cosiddetto Hermès Game), bisogna superare degli step preliminari per garantirsi l'accesso alla vendita ed essere clienti affezionati. Anche questo ha contribuito a rendere il marchio e la borsa così esclusivi ed elitari. Ma parallelamente, questo processo ha fatto anche storcere il naso a parecchi potenziali acquirenti interessati e impossibilitati a realizzare il proprio sogno. Ne è nata una diatriba legale, che si è conclusa a favore della Maison.
Come è finita la causa in tribunale
Per arrivare all'acquisto di una Birkin, ogni acquirente deve superare una serie di step. La lista d'attesa è lunga e molto ristretta, entrare a farne parte è quasi impossibile. Sembra che l'avanzamento in lista avvenga attraverso l'acquisto di altri oggetti e capi della Maison, che garantirebbero dunque lo status di "cliente fidelizzato", fino al punto di meritarsi la tanto agognata borsa. Ma tutto questo è legale? Da questa domanda è nata la diatriba legale con protagonista la Maison francese, bersaglio di una class action antitrust. La prima causa al marchio risale al 2024, a opera di un gruppo di consumatori i quali non ritenevano corretta la pratica dello spingere persone ad acquistare prodotti con la speranza di poter forse un giorno arrivare alla tanto ambita Birkin dei propri sogni.
Mercoledì, la class action è stata archiviata per la seconda e ultima volta: ultima, perché non potrà più essere ripresentata. "Può darsi, come suggeriscono i querelanti, che Hermès riservi la borsa Birkin ai suoi clienti più pagati, ma questo di per sé non costituisce una violazione antitrust", ha stabilito in via definitiva il giudice distrettuale statunitense James Donato nella sua ordinanza. Ha dunque respinto le accuse secondo cui l'accesso alle borse Birkin sarebbe frutto di un illecito. Il trattamento preferenziale, dunque, benché possa certamente essere oggetto di frustrazione per un cliente, non può essere legalmente perseguibile. La legge antitrust non si può applicare solo sulla base della loro insoddisfazione. La violazione antitrust, infatti, si verifica quando c'è un impatto negativo sulla concorrenza (e non è questo il caso) non quando si verifica una delusione da parte dei singoli acquirenti.
L'azienda, sinonimo per eccellenza di lusso, si è garantita un posto di spicco nel mercato e infatti resiste anche alla crisi del settore. Si rivolge ovviamente a una clientela molto selezionata, molto ricca: nel secondo trimestre del 2025 le vendite sono aumentate del 9% e la domanda è nettamente superiore all'offerta. Tanti, infatti, provano ad accaparrarsi la Birkin e il successo delle liste d'attesa è fondamentale nella determinazione dei prezzi. Si parla di decine di migliaia di euro, di base, fino ad arrivare a cifre con sei zeri per i modelli realizzati con materiali particolari o in tiratura limitata. La Faubourg per esempio, di cui esistono solo cinquanta esemplari al mondo, costa quanto un appartamento. Questa estate la primissima Birkin, il prototipo originale realizzato proprio per Jane Birkin da cui tutto ha avuto inizio, è stata venduta all'asta per la cifra di 10 milioni.